La liberazione come eco del sogno evangelico

L’incontro “Le Parole della Pace” con la teologa Antonietta Potente 

parole pace 2015_8«Non più schiavi ma liberi è la prima porta d’entrata per una trasformazione storica. Un filo sapienziale che percorre anche le scritture, sia quelle ebraiche che quelle ebraico-cristiane. “Alzate il vostro capo, la liberazione è vicina …” è eco del sogno evangelico, ma anche di tutti i popoli, di ogni cultura». Così la teologa domenicana Antonietta Potente ha introdotto la sua relazione a commento del messaggio di papa Francesco per la giornata della Pace.
La teologa è intervenuta lo scorso 31 gennaio, nella parrocchia di San Barnaba, all’incontro “Le Parole della Pace” promosso dall’Area Educazione alla Pace e alla Mondialità della Caritas di Roma.
«La schiavitù – ha detto – è un laccio che vincola perché genera sfruttamento, perché compie solo l’interesse di qualcuno, perché coltiva l’ego di qualcuno, di una cultura, o di una classe sociale. È l’appropriazione indebita degli altri e della terra, delle risorse naturali. La schiavitù genera secoli di esclusione, lo abbiamo sperimentato troppe volte: nelle colonizzazioni dei popoli a volte, purtroppo, affiancate da pseudo messaggi di “liberazione” religiose».
parole pace 2015_12La relatrice ha poi sottolineato come «la schiavitù è una situazione comune a tutti; alcuni di noi la scelgono altri la trovano o altri ancora la subiscono proprio per cercare liberazione e cioè: attraversano i cammini della schiavitù per trovare liberazioni. Ma ci sono popoli che cercano di scrollarsela di dosso; ci sono persone che cercano di mantenersi vigilanti, costi quel che costi e che dunque preparano una nuova condizione, quella della fratellanza».
Proprio sugli aspetti della fratellanza, Potente indica «un legame che sfocia in una appartenenza di cura, proprio come nella pratica evangelica: fratelli, sorelle e madri sono tutti coloro che ascoltano, che si prendono cura della realtà abitata dal Verbo».
«Non possiamo – ha sottolineato – mistificare questo passaggio dalla schiavitù alla fratellanza, perché in questo momento storico abbiamo perso il primo filo di questa complessa trama esistenziale e cioè: essere liberi, perché rischiamo di perdere il soffio, l’anima, lo spirito, il respiro, ma anche il senso di appartenenza a questa storia, che in qualche modo dobbiamo restituire».

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