Stazione Tiburtina: “responsabilità e programmazione, altrimenti è come rattoppare un vestito”

CHTbT60WoAECU3O“Risolvere i problemi del degrado a Termini o dei migranti a Tiburtina è come mettere una toppa su un vestito. È una retorica senza risposte concrete al problema e chi ci rimette sono i poveri. Manca un ‘cervello’ centrale che abbia l’autorità e l’autorevolezza per districare questa matassa: una persona con la testa sulle spalle che non si faccia gli affari suoi sulla pelle della gente”. È l’appello di monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, che ieri sera è stato impegnato, insieme ad altre associazioni, nella distribuzione di più di 700 pasti caldi ai migranti ammassati a via Cupa, nei pressi della stazione Tiburtina.

In nottata sono stati sgomberati ma don Feroci – intervistato dal SIR – invita a fare una riflessione più ampia, perché “la gente non conosce tutte le dinamiche e vede solo lo sporco e il disagio. È ovvio che tutti noi vorremmo la città pulita, ma non ci si rende conto che a monte c’è una questione di tipo culturale”. “Siamo buonisti nel concedere a chi arriva in Italia di non identificarli con le impronte digitali e li chiamiamo ‘transitanti’ – fa notare -. Ma allo stesso tempo facciamo finta che non esistono e non possono essere ufficialmente assistiti. Da una parte siamo buoni perché non li identifichiamo, dall’altra siamo mascalzoni perché non li assistiamo. È un modo schizofrenico di comportarsi. Bisogna che qualcuno risolva il problema perché altrimenti oggi solo i governatori che strillano di più governano il flusso di notizie. Oppure vogliamo governarlo noi?”.

“Queste persone – ricorda monsignor Feroci – sono costrette a vivere di espedienti nelle stazioni. In questi giorni c’è stato un picco perché hanno chiuso le frontiere per il G7 quindi le stazioni di Milano e Roma si sono riempite di transitanti che non sono più potuti andare più a Nord”. Ora che con l’inchiesta “Mafia capitale” le porte nella gestione dell’emergenze a danno dei poveri “sono state chiuse – osserva – ci troviamo in una situazione in cui vogliamo la legalità ma contemporaneamente non vogliamo stare vicino a questa gente”.

Monsignor Feroci invita dunque a “chiarire quale autorità debba gestire questo flusso di gente? Il ministero dell’Interno? Il presidente del Consiglio? Il Comune? Gli assessori ai servizi sociali? I municipi?” “Ognuno ha un pezzetto di competenze e sbatte la testa contro le competenze degli altri. Si rimandano la palla uno con l’altro e i poveri sono abbandonati a sé stessi”, dice amareggiato. I bagni chimici, ad esempio, “non possono essere installati perché dopo ‘Mafia capitale’ sono stati bloccati i bandi – precisa -. Ma questi poveracci come devono fare? È ovvio che vanno in strada o nei giardinetti. Grazie a Dio ci sono le associazioni che risolvono i problemi di cui dovrebbe però occuparsi chi sta al governo”.