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Il programma pastorale 2015-2016 online

Il nuovo anno pastorale nasce e vive nell’ottica delle prospettive che Papa Francesco ci suggerisce con l’indizione del “Giubileo della Misericordia”. Anche l’impianto di tutto l’impegno della Caritas, descritto nel programma pastorale, sottostà a tale visione. Lo abbiamo voluto condensare nel titolo: “ Commossi dalla Misericordia”. Un titolo che non vuole sottolineare un fatto emotivo, e condurci quindi alla commozione del momento, ma indicare il contenuto più profondo della esperienza spirituale che ci viene suggerita dal percorso di Dio con il suo popolo.
Nella scrittura, infatti, troviamo una figura chiamata go’el ( la persona del riscattatore ) che è colui che deve venire incontro alle difficoltà di un parente. Il go’el ha il dovere di riscattare i beni alienati per debito. Il parente più prossimo, quindi, di colui che incappa nell’usura ha l’obbligo di versare un riscatto per poter tornare in possesso dei beni venduti. E’ il go’el.
In questa ottica è bello vedere il rapporto di Dio con il suo popolo. Dio si costituisce parente prossimo: “Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero” (Es 2,25). Dio si fa go’el. Ed inviò Mosè per il riscatto dalla schiavitù ed infine ha inviato suo Figlio “Da ultimo mandò loro il proprio figlio…” (Mt 21,37) “il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).
San Paolo ha compreso molto bene l’esempio del suo Gesù ed ha avuto il coraggio di scrivere: “Vorrei essere io stesso maledetto, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne…perché questi possano essere salvati…”. E’ come se rispondesse alla domanda: “Chi sei tu?”. Dice San Paolo: “ …io sono go’el, colui che dona la vita perché l’altro sia salvo…”.
Nella storia abbiamo avuto esempi straordinari di chi ha voluto essere go’el per gli altri. Basti pensare all’ordine dei Padri Trinitari. Si consegnavano schiavi al posto dei fratelli per liberare quelli che erano incappati nella schiavitù.
Commossi dalla misericordia! Ecco. Dio per primo si è mosso verso di noi per donarci la sua vita. Anche noi ci con-moviamo verso i nostri fratelli.
Però, la missionarietà non è un partire, un muoverci, solamente. Prima ancora che partire è avere qualcosa dentro, avere un dolore grande, una pena continua perché l’altro sia libero, sia salvo, perché l’altro non perda la ricchezza di Dio. “Lo vide e ne ebbe compassione” dice Gesù del samaritano.
Non posso più leggere il giornale, vivere la mia vita, camminare per la strada senza diventare go’el di quelle situazioni che vedo, di quelle notizie che ascolto, di quei dolori che gridano. L’essere buoni cristiani non è fare qualcosa di buono o essere brave persone, ma è questo tormento di salvezza per gli uomini amati da Dio.
E’ essere con-mossi dalla Misericordia che abbiamo ricevuto.
Il programma pastorale che la Caritas di Roma promuove nell’anno del Giubileo vuole essere un itinerario di ricerca dei luoghi e degli spazi in cui “discernere” la presenza di Dio nella vita degli “esclusi” che Cristo ci ha rivelato come “ricco di misericordia” (Ef. 2,4).
L’originalità di questa ricerca è l’impegno di rendere possibile la prossimità della comunità cristiana e degli uomini di buona volontà alle situazioni di sofferenza dei poveri, senza dei quali la Chiesa non è concepibile come “l’icona” di Cristo: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre Vostro “ (Lc. 6.36) “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).
Il termine misericordia può indicare un sentimento di pietà verso chi ha sbagliato. Vorremmo dare a questo valore, un significato più pregnante. Più che evocare dei sentimenti, vorremmo favorire dei comportamenti concreti di servizio, di lealtà, di fedeltà, di condivisione e di solidarietà. Il significato della parola “misericordia” rappresenta uno degli aspetti fondamentali della morale della Bibbia ed esprime l’insieme dei gesti e degli atteggiamenti sui quali si fonda la vita sociale, senza dei quali la vita degli uomini diventa impossibile.
Tutta l’esistenza terrena di Gesù si pone in questa linea. Gesù ha predilezione per i poveri, è l’amico dei peccatori e dei pubblicani, non teme di farsi invitare alla loro tavola, si avvicina alla peccatrice. E’ venuto a “cercare e salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10;cfr4,18; 7,22.34.39; 19,5). Gesù nella sua missione si commuove di fronte alle masse che lo cercavano (Mt 9,36). Cristo è la misericordia incarnata di Dio (Rom 15,8-9). L’incarnazione del Verbo ha consolidato definitivamente questa certezza. Gesù si è avvicinato al lebbroso dal quale tutti dovevano stare a debita distanza perché ha avuto misericordia (Mc1,40-45). Il lebbroso rappresentava al tempo di Gesù un esempio emblematico dell’esclusione del tempo. Oggi la povertà è specialmente rottura di relazione umane. L’esclusione dalle realtà della vita relazionale rappresenta un punto culminante nel processo di degradazione dei legami sociali.
Le nostre comunità sanno avvicinarsi a chi ha bisogno con la stessa misericordia mostrata da Gesù? È questo quello che il nostro vescovo Francesco ci ha invitato a fare in questo Giubileo.
Le “porte sante” che il Santo Padre ci invita ad attraversare, oltre a quelle delle Basiliche maggiori e quelle che straordinariamente ha chiesto di aprire nelle Cattedrali o nei Santuari di ogni Chiesa diocesana, sono anche quei luoghi di ingresso che ci permettono di «lasciarci abbracciare dalla misericordia di Dio» e che favoriscono l’impegno «ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi». Il Papa ha scelto di riporre il tema della Misericordia «con nuovo entusiasmo» per una rinnovata «azione pastorale» perché «è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre».
Un nuovo slancio pastorale che il Pontefice ha chiamato a vivere con l’esperienza del Giubileo del quale il pellegrinaggio ne è un segno peculiare «icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza».
Il pellegrinaggio, ha spiegato il Papa «sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio». «In questo Anno Santo – ci dice – potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo».