In occasione dell’indizione del prossimo Anno Giubilare, Papa Francesco ha precisato: «è mio vivo desiderio che il popolo rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina» (Misericordiae Vultus, 15).
“Dare da mangiare agli affamati” è la prima manifestazione concreta di amore fraterno che Gesù ci indica (Mt 25, 35) e riguarda un bisogno umano ineliminabile: non esiste un solo attimo dell’esistenza in cui la necessità di mangiare possa essere negata senza negare al tempo stesso la vita. Tuttavia oggi 795 milioni di persone soffrono di denutrizione mentre 2,1 miliardi sono affette da forme di obesità e di sovrappeso: più o meno per ogni persona che patisce la fame, almeno due hanno problemi legati alla sovra-alimentazione. Le risorse ci sarebbero per tutti; ma esiste uno squilibrio sociale planetario che si regge su logiche inaccettabili.
«La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti» (Is 25, 23). La Bibbia ci suggerisce invece che la differenza tra chi accumula senza ritegno e chi muore di fame non è in alcun modo giustificabile: tutti siamo “stranieri e pellegrini” (1Pt 2,11) e non possiamo quindi vantare privilegi nel diritto di usufruire dei frutti della terra. Il cibo appartiene a tutti, indistintamente: non possiamo quindi considerarlo nell’ambito del mercato, della merce e del profitto.
Nella Bibbia la disponibilità del cibo costruisce la comunità: la carestia, che è l’assenza o la penuria di cibo, è segno della frantumazione dell’unità, della rottura delle relazioni inter-umane ed è segno della dispersione del popolo (cfr. Isaia 8, 22). A conferma di ciò, il Nuovo Testamento ci indica che proprio attraverso la partecipazione ad un pasto – quello Eucaristico – il popolo di Dio riacquista in Cristo l’unità perfetta (cfr. Gv 17, 23) e, con essa, una nuova qualità nelle relazioni umane.
La fede cristiana aggiunge al precetto biblico del “dare da mangiare a chi ne ha bisogno” una particolarità che spiazza: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25, 35), dirà il Signore Gesù. Il precetto viene così riletto nei termini di un’azione che tocca Dio stesso e risponde alla sua fame! Il valore profondo dello sfamare il povero non è solo economico, sociale e politico ma anche pasquale: tra il povero affamato e Gesù Cristo vivente non c’è differenza, sono la stessa persona!
Quanto è difficile credere, per noi operatori e volontari, che nel semplice atto di dare da mangiare agli affamati prenda corpo questa complessa architettura biologica, sociale e spirituale dell’uomo! Davanti a noi abbiamo i volti di tante persone, sfigurati dal dolore. Non è un’esperienza piacevole sostenere i loro sguardi e la loro quotidiana presenza: la sofferenza chiede giustizia e ogni privazione, tanto più se fondamentale come quella del cibo, è pronta ad esplodere in rabbia e aggressività. Questo annichilimento scava sempre di più le vite delle persone che incontriamo, spesso anche le nostre: ma dove sta la salvezza promessa? E’ possibile che Dio abiti queste terre desolate? Le parole di Gesù però sono nette e ci spingono a rinnovare il nostro cammino di fede: «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». E allora rivolgiamo al Signore una preghiera affinché in questo anno giubilare dedicato alla Misericordia ci renda capaci di vedere la sua presenza misteriosa nel povero e di fare appropriate scelte di vita, così come possiamo: Apri Signore i tuoi occhi e guarda: non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n’è andato dalle loro viscere, danno gloria e giustizia al Signore, ma chi geme sotto il peso, chi se ne va curvo e spossato, chi ha gli occhi languenti, chi è affamato, questi sono coloro che ti rendono gloria e giustizia, Signore (Bar 2, 17-18).
Area Accoglienza e Mense