«Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro». Così Papa Francesco mette in guardia i fedeli nel messaggio per la Quaresima. Ma cos’è l’avidità e perché San Paolo la definisce la “radice di tutti i mali”? L’avidità è quel desiderio smodato e insaziabile di possedere sempre di più: più denaro, più ricchezza, più potere.
Dal punto di vista personale, l’avidità ci condanna ad una perenne insoddisfazione. L’avido è raramente felice, perché quello che riesce ad acquisire non è mai abbastanza. Improntare la nostra vita alle cose materiali, appiattisce la nostra esistenza e ci lascia nella solitudine di un continuo inappagamento.
Dal punto di vista della comunità, l’avidità si manifesta in molteplici forme. Nel sistema economico, quando si insegue un profitto maggiore ad ogni costo, anche a discapito delle condizioni dei lavoratori, della sicurezza dei consumatori o del rispetto per l’ambiente. In politica, quando il potere perde la dimensione di servizio e si trasforma in sopraffazione. Nella vita di tutti i giorni, quando il povero, il debole o l’immigrato vengono percepiti come un ingombro nell’egoistica corsa verso l’avere di più. L’avidità rende ciechi di fronte alle sofferenze degli altri, indifferenti o addirittura infastiditi, perché privarsi di qualcosa per dare a chi ha bisogno vuol dire andare controcorrente rispetto all’ossessione dell’accumulare ricchezze. È così che l’avidità raffredda i cuori e mina lo spirito di carità.
Papa Francesco ci mostra la soluzione al raffreddamento della carità nelle nostre comunità: l’esercizio dell’elemosina come forma di condivisione, per cui «ciò che ho non è mai solo mio».
Questo monito è valido in modo speciale durante la Quaresima, quando si invitano le comunità parrocchiali a fare offerte a favore di iniziative di carità. Ma è valido anche nel resto dell’anno, quando ognuno di noi è chiamato a fare la sua parte non solo con l’elemosina, ma anche con il volontariato.
La Caritas da sempre promuove il volontariato come testimonianza cristiana della carità. In un mondo dove troppo spesso l’avidità viene scambiata per una virtù, il dedicare gratuitamente il proprio tempo e le proprie energie agli altri sembra un atto rivoluzionario.
I volontari sono la migliore testimonianza di un’umanità che sa ancora donare e pensare al plurale. Attenzione però, perché anche il volontariato – quando non è ispirato da valori altruistici – può rivelarsi solo un mezzo di gratificazione personale. Per il cristiano, invece, il volontariato non è un impegno straordinario, un’esperienza tra le tante che si fanno nella vita, seppur meritoria perché altruista e ispirata a valori di umanità. Essere volontari è una sottolineatura più forte della vita di fede perché, come ci ricorda papa Francesco, «laddove c’è una persona che soffre o che ha bisogno, lì è presente la Chiesa». Una prossimità concreta che si esprime con il servizio, la condivisione, la gratuità e lo stile di vita.
Nel periodo di Quaresima gli operatori della Caritas di Roma proporranno delle riflessioni a partire dal Messaggio di papa Francesco «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12).
Gianni Pizzuti, responsabile dell’Area Volontariato, riflette sulla parola “avidità”.
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«Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà»
Solo con la testimonianza si affermano le grandi idee