Il ruolo e la responsabilità di accogliere
Il terzo incontro del percorso di formazione “L’inclusione dei rom: lavorare in rete”
Come disinnescare il meccanismo di diffidenza reciproca che non favorisce la disponibilità al dialogo fra operatori sociali e persone rom? E soprattutto, quali strumenti professionali, culturali e materiali “noi”, in quanto cultura dominante, ma soprattutto in quanto operatori sociali, possiamo mettere in campo per fare il primo passo? Come riprenderci il nostro ruolo, e la responsabilità, di accogliere?
Questi sono i difficili interrogativi attorno ai quali si è lavorato nel corso dell’ultima giornata del corso “L’inclusione dei rom: lavorare insieme, lavorare in rete”, lo scorso 7 aprile. Dedicata al lavoro di rete e alla metodologia di azione, la giornata di formazione si è contraddistinta per la varietà degli interventi e per il sostanzioso scambio di informazioni e contatti utili alla formazione di una rete sempre più fitta.
La mattina si è aperta con la visione di parte del documentario “Container 158” che mostrando con semplice realismo la vita quotidiana nei campi attrezzati, le controversie e le difficoltà, mira a scardinare i pregiudizi e a far riflette sul meccanismo che provoca il confitto fra rom e gli altri cittadini.
La professoressa Lorenzetti, ricollegandosi ad alcuni punti del documentario proiettato, ha analizzato aspetti fondamentali del disagio in cui si trovano i rom dei campi, come lo status giuridico e le enormi difficoltà che trovano per regolarizzazione dei documenti, o quali siano gli indicatori di integrazione sociale primi tra tutti il lavoro, le soluzioni abitative dignitose e infine la presenza a scuola e un corretto coinvolgimento formativo. L’intervento ha permesso anche di mettere a fuoco le caratteristiche principali delle reti, elencandone gli aspetti irrinunciabili e i vantaggi che il lavoro di rete comporta nelle professioni di aiuto, individuando poi nell’antirazzismo, nell’empowerment per i diritti e nella costruzione di una fiducia sociale i paradigmi della rete efficace.
Fulvia Motta, responsabile dell’Area Rom e Sinti della Caritas di Roma, ha ripercorso le ambigue e contraddittorie politiche messe in atto in Italia verso i rom a partire dal mancato riconoscimento come minoranza linguista della fine del secolo scorso sino alla adozione della “Strategia Nazionale di Inclusione dei rom, sinti e camminanti”, focalizzandosi in particolar modo sulla situazione dei rom nella Capitale e delle politiche mosse dalle giunte comunali che si sono succedute, che hanno in vario modo confermato nel tempo la strategia dei “campi come soluzione abitativa”. Il quadro presentato ha ben chiarito le difficoltà che le istituzioni incontrano nell’applicare strategie di inclusione e di superamento dei campi.
Fondamentale per i partecipanti al corso è stato il successivo focus su come i rom accedono ai servizi e quali sono le barriere che limitano i rapporti tra operatori e utenti di queste comunità; ha illustrato come le attuali condizioni abitative dei rom che vivono sul territorio cittadino e quindi le condizioni di marginalità e disagio, sono un aspetto che ha contribuito nel tempo a plasmare le caratteristiche culturali in senso adattivo dei differenti gruppi e alimentano relazioni insane tra il mondo rom e quello gagè (i non rom). L’incontro con gli operatori dei servizi è quindi condizionato da difficoltà concrete in cui gioca un ruolo fondamentale il pregiudizio reciproco alimentato da esperienze negative: da qui la domanda sul come superare questa diffidenza reciproca, a partire dalla condivisione di quanto già si sta facendo, rivolta ai partecipanti alla tavola rotonda che ha concluso la giornata.
L’esperienza accumulata nei differenti servizi ha fatto emergere come chiave di lettura di ogni intervento la necessità e appropriatezza di offrire ai rom gli stessi servizi e supporti che si offrono alle persone in situazione di fragilità, con gli stessi diritti e doveri. Questa il punto di svolta per il superamento del pregiudizio: trattare i rom come gli altri, credendo da una parte che sono capaci di cogliere le opportunità che si offrono loro e dall’altra che ne hanno pienamente diritto.
Ciro Attanasio, in rappresentanza del Servizio Sociale del Municipio XI, ha raccontato i progetti di inclusioni per famiglie rom attivate a partire dagli strumenti standard di sostegno stabiliti dalle politiche di welfare, Enrico Bonvecchi, del Centro di Prima Accoglienza del Dipartimento della Giustizia Minorile, ha evidenziato l’importanza della rete nell’offrire misure alternative alla pena ai ragazzi rom e come questo percorso attivi relazioni profonde e proficue con le intere famiglie, Stefania Wyss e Antonella Barile dei Centri di Orientamento al Lavoro hanno spiegato come il loro servizio si sta riorganizzando per offrire maggiore accoglienza alle persone rom, e non solo, anche a partire dalla preziosa esperienza di collaborazione con il progetto RomAtelier che ha permesso alle operatrici dei COL di mettersi in gioco con questa utenza, finora poco conosciuta.
Per tutti indispensabile la rete istituzionale e associativa del territorio romano a cui partecipano attivamente, che permette di affrontare in modo costruttivo le criticità del sistema di accoglienza e le modalità di integrazione sociale attuate dai servizi per queste comunità ancora troppo emarginate; infine hanno elencato le possibili soluzioni e i punti basilari necessari per garantire un efficace percorso di integrazione, sul quale dover lavorare in concrete collaborazioni con la rete per riuscire a conoscere e condividere sempre meglio le risorse che ognuno possiede.
Molto sentito in coinvolgimento di tutti i partecipanti, che hanno approfittato dell’occasione per conoscersi, scambiare esperienze e riferimenti e cominciare a intessere reti operative.