I dimenticati del vaccino

Qualche giorno fa, su uno dei più importanti quotidiani del mondo, il New York Times, è stato pubblicato un articolo dal titolo “Migrants Are Forgotten in Italy’s Vaccine Drive, Doctors Say” che apre con la storia di un immigrato. <<Ogni settimana negli ultimi tre mesi, un immigrato croato, senzatetto di 63 anni, si è recato a piedi in un ambulatorio vicino alla stazione Termini di Roma, sperando in notizie sulla vaccinazione contro il coronavirus. E ogni volta, i medici gli dicono che nonostante i suoi molteplici attacchi di cuore e una serie di condizioni critiche di salute, non sono in grado di prenotargli il vaccino. “Il mio cuore è così debole che se prendo il Covid mi porterà via di sicuro”, ha detto l’uomo, … “Sono spaventato.” “Non è giusto … ma vivo per strada e non posso cambiare nulla”. In attesa di un appuntamento per la vaccinazione, cerca di evitare i luoghi affollati. Ma la scorsa settimana ha dovuto prendere un autobus pieno zeppo per il quartiere dell’Eur per un controllo cardiaco. “Ero preoccupato”, ha detto, “ma non posso seppellirmi vivo perché non mi vaccinano”>>.

Questo immigrato è un nostro paziente, un paziente del Poliambulatorio della Caritas di Roma e come lui, altre centinaia di persone sono in attesa del vaccino cui hanno diritto ma che non riescono ad avere. Noi gli parliamo, cerchiamo di rassicurarli prendendoci cura di loro, ma anche per noi è inspiegabile l’impossibilità burocratica alla vaccinazione. Il diritto c’è, è chiaro nelle norme italiane, è stato ribadito da più parti; l’AIFA, l’agenzia del Farmaco, da mesi ha anche indicato il modo per superare l’impasse amministrativo dovuto alla mancanza della Tessera sanitaria. Il problema consiste nel fatto che la prenotazione per il vaccino può essere fatta solo tramite il portale regionale con i dati della Tessera Sanitaria o tramite il medico di medicina generale (mmg). Ma il portale non accetta coloro che non hanno tessera sanitaria e il mmg non ha pazienti che non siano iscritti al Servizio sanitario regionale. Le soluzioni sono già state individuate e proposte e sono relativamente semplici: permettere la registrazione con altri codici, dare mandato alle ASL di vaccinare questa popolazione nelle forme possibili con offerta attiva nei servizi e strutture d’accoglienza, hub dedicati, coinvolgendo l’associazionismo.

Il 4 febbraio la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni e il Tavolo Immigrazione e Salute hanno scritto al Ministro della salute chiedendo di risolvere la questione; il 17 marzo, attraverso il GrIS (Gruppo Immigrazione e Salute) ci si è rivolti all’assessore alla salute del Lazio; il 31 maggio trentadue associazioni hanno scritto anche al generale Figliuolo … . Nel frattempo trionfalmente si è dichiarato che tutti ormai possono/devono vaccinarsi. E c’è chi ha preso sul serio l’annuncio e con il giornale in mano con stampata a tutta pagina la notizia si è recato in farmacia per vaccinarsi ed ha scoperto che tra i “tutti” lui non c’è, perchè non è italiano, non ha il permesso di soggiorno, … ma tutti, si è fatto spiegare più volte, significa anche lui, anche gli altri pazienti che affollano l’ambulatorio e che chiedono informazioni sulla vaccinazione, e sono tutti preoccupati, proprio come il protagonista dell’intervista. Gli esclusi non sono solo immigrati senza permesso di soggiorno, ci sono ad esempio tante badanti che accudiscono i nostri cari che hanno fatto domanda di emersione dall’irregolarità e che si trovano in un limbo: non più irregolari ma non ancora regolari con diritti fragili, nascosti, e non possono vaccinarsi. Ci sono anche tanti italiani senza dimora, e/o senza documenti, visibili negli anfratti delle nostre strade ma invisibili al vaccino. Senza dimenticare chi, pur con tutti i documenti in regola, tessera sanitaria, mmg, non ha però le corrette informazioni sulle possibilità di prenotazione (anche semplicemente perché il portale regionale è solo in lingua italiana).

Con orgoglio di medici, infermieri, farmacisti, operatori e volontari sanitari e la passione di persone che non sono arretrate di fronte alla pandemia mantenendo l’ambulatorio della Caritas alla stazione Termini sempre aperto, anche nei periodi più critici, forti dalle relazioni e degli incontri quotidiani con tante persone “dimenticate”, non riusciamo a capire questa ingiusta e persistente discriminazione. E quando una discriminazione è conosciuta e persiste, diventa un atto politico, forse anche una scelta politica. E questo vale quindi a livello nazionale e a livello regionale. Tutto ciò stride soprattutto a livello locale in quanto la Regione Lazio ha dimostrato proprio in questa “campagna vaccini” un attivismo, una attenzione e una organizzazione di grande spessore. Stride perché la Regione Lazio ha sempre prestato attenzione ai temi dell’immigrazione con atti più o meno recenti certamente innovativi: l’implementazione di linee guida per l’accoglienza e l’assistenza agli stranieri, l’esenzione dei ticket per minori non accompagnati italiani e stranieri e per i richiedenti asilo disoccupati.

Tutto ciò stride ma, ad oggi, quando ogni pomeriggio l’ambulatorio apre, siamo costretti a dover ripetere ai nostri pazienti che dalle istituzioni non c’è risposta; siamo costretti a dire ai colleghi volontari, in questo periodo soprattutto giovani medici, che la politica tace, non risponde, si fa complice di una ingiustificata esclusione. 

Se questa assenza di risposte è di fatto un atto politico, chiediamo ai politici nei fatti di smentirci al più presto … e ne saremo felici.

 

Salvatore Geraci e l’Equipe sanitaria del Poliambulatorio Caritas