Ancora una volta, prima l’uomo, poi il denaro

È ingannevole associare il gioco all’azzardo che altro non è che il puntare sulla fortuna per “svoltare” nella vita. Nel Lazio, nel solo 2021, sono stati scommessi ben 11 miliardi e 568 milioni di euro (in media 2.019 a persona), con profitti per l’industria del settore per 839 milioni e 294 mila euro. Nessun altro settore produttivo può “sognare” simili risultati.

I danni del fenomeno sono: il crescente sovraindebitamento delle persone e delle famiglie, spesso rovinate dai debiti e a rischio usura; la sottrazione di ingenti risorse all’economia reale; la frequente degenerazione del “gioco” in una malattia riconosciuta: la ludopatia che crea dipendenza al pari della droga, dell’alcol, a fronte della quale manca in regione una reale rete di centri per la terapia; la resa di uno Stato miope che si illude di attingervi maggiori entrate erariali, ignorando le drammatiche conseguenze sociali, economiche e sanitarie; l’affermarsi di modelli educativi deleteri per le giovani generazioni, tra le principali vittime dei canali online dell’azzardo; il proliferare dei canali di crescita legalizzati della criminalità organizzata.

Si parla troppo poco di tutto ciò. C’è una coltre di silenzio da sollevare sul dramma vissuto nel riserbo delle mura domestiche. Come animatori della carità, incontriamo sempre più spesso i molteplici volti disumani, distruttivi, dell’azzardo, del sovraindebitamento e dell’usura ad esso spesso collegati. È per questo che le Caritas del Lazio hanno tentato di tutto per evitare l’arretramento così vistoso contenuto nelle “Disposizioni per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo”, adottate dalla Regione Lazio lo scorso 27 luglio, a modifica della legge regionale n. 5 approvata nel 2013. In nove anni non è mai stata attuata la norma illuminata che allora stabilì una distanza di almeno 500 metri tra i luoghi sensibili – scuole, centri anziani, strutture residenziali o semiresidenziali sanitarie o socioassistenziali, luoghi di culto -, le sale di gioco (378 nelle cinque province laziali) e gli esercizi commerciali che ospitano le slot machine e corner di scommesse (nel Lazio, sono ben 5.700 pubblici esercizi tra bar, tabaccherie, lavanderie, cartolerie).

Invece che ad una nuova proroga, la terza, questa volta la Regione Lazio ha scelto di modificare la legge, accogliendo le istanze dell’industria dell’azzardo, smentendo sé stessa e discostandosi anche dalle normative più recenti quali quelle delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana.

Nessun limite di distanza, quindi, per gli esercizi pubblici commerciali e le sale da gioco già esistenti alla data in vigore della nuova disposizione, rispetto a quelle aree sensibili. Nel cuore dell’estate 2022 è stata dunque approvata fondamentalmente una sanatoria per la capillare rete di offerta di “gioco” già esistente, nascondendosi dietro al solito ricatto occupazionale degli addetti ai lavori, per i quali noi per primi avevamo proposto di adottare idonee misure di salvaguardia dei posti di lavoro.

Viceversa, con le nuove disposizioni, la distanza delle sale gioco dalle aree sensibili, è passata da 500 a 250 metri ma solo per gli esercizi di nuova apertura. In un mercato tendente al saturo, quanti potranno essere i nuovi esercizi? 

Va però ricordato che le nuove norme introducono, oltre a delle fasce orarie di massima di apertura degli esercizi, su cui potranno intervenire i singoli comuni, anche alcune prescrizioni condivisibili che come Caritas del Lazio avevamo suggerito e che riguardano tutti gli esercenti, non solo quelli di nuova apertura, tra cui: la riduzione della frequenza delle singole giocate a non meno di una giocata ogni 30 secondi; la separazione netta tra lo spazio dedicato agli apparecchi da gioco e gli altri ambienti degli esercizi; una pausa obbligatoria di 5 minuti ogni trenta minuti di gioco consecutivi; interdizione dal gioco ai soggetti in stato di manifesta ubriachezza; riduzione delle fasce orarie di gioco lasciando però ai comuni la facoltà di deliberare in materia.

Cosa si può fare ora per ridurre i danni? È ora decisivo il ruolo dei Comuni, dei Sindaci che hanno il potere di introdurre fasce orarie di apertura di questi esercizi ben più restrittive rispetto a quelle previste dalla Regione, assicurando quella discontinuità nella possibilità di gioco che è fondamentale per limitare chi trova nel giocare in sé, al di là del vincere o meno, il motivo principale della sua dipendenza.

Come comunità cristiana possiamo fare molto anche noi, per prevenire, con l’informazione e la formazione dei giovani, delle coppie che si preparano al matrimonio, degli adulti e degli anziani che forse sottovalutano certe abitudini. C’è poi la vicinanza, da assicurare a chi già vive il dramma dell’azzardopatia e per i quali occorre rivolgersi a centri specializzati per curare quella che è una malattia.

diacono Giustino Trincia
direttore Caritas di Roma