Per la prima volta nella storia, una Porta Santa conduce dove si trovano le persone povere e disagiate. L’immagine del Buon Pastore che porta su di sé l’uomo e lo conduce verso la salvezza ha visto passare sotto di sé una moltitudine di persone, un pluralità di storie, ognuno con una diversità di linguaggio, di espressioni e di emozioni diverse.

Ogni pellegrino ha osservato  l’immagine, mentre veniva offerta una spiegazione sul suo significato con alcuni spunti di riflessione. L’icona stessa ha portato un senso di comunione tra le singole persone che contemplavano questo mosaico, realizzato da Padre Mark Ivan Rupnik.

Il passaggio della Porta della Carità è stato vissuto in un clima di raccoglimento, attraverso la preghiera per il Giubileo di papa Francesco e le altre preghiere giubilari.

PRESENTAZIONE DEL MOSAICO DEL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA

Il Mosaico posto al di sopra della Porta della Carità, che raffigura il  logo ufficiale di questo Giubileo straordinario della Misericordia, è stato ideato e realizzato dal padre gesuita Marko Ivan Rupnik.

Il soggetto di quest’opera è il Cristo, rappresentato come Porta della Carità (cfr. Gv 10, 7) , e ciò si può comprendere dai segni della passione sulle sue mani e sui suoi piedi, ma anche dal nimbo crociato che gli cinge il capo e che è il simbolo del Cristo glorificato.

Il Figlio di Dio, attraverso un grande atto di misericordia, carica su di sé il peso dell’uomo raffigurato sulle sue spalle, con le sue ferite e i suoi peccati e lo riporta al Padre.

Da notare ancora, la grande somiglianza dei volti le cui guance si toccano, e sopra ogni cosa la condivisione dell’occhio, che sembra sovrapposto.

Il messaggio che questo mosaico ci offre, è l’invito a cogliere il gesto misericordioso con cui Cristo ci vuol far comprendere che si può e si deve guardare alla realtà e alle persone con la prospettiva di Dio, col suo sguardo misericordioso: ciò è espresso dalla condivisione dell’occhio destro di Cristo e di quello sinistro dell’ uomo.

Ricevendo e donando misericordia l’uomo può vivere in questa vita, su questa terra, quella che è la vita di Gesù, nelle sue scelte e nel suo stile.

L’intera immagine è iscritta all’interno di una mandorla; la mandorla è un simbolo iconografico che nella cultura orientale simboleggia la Risurrezione.

All’interno della mandorla vi sono diverse gradazioni di blu, si passa da una colorazione più scusa a una più chiara, fino a giungere al bianco perlaceo al di fuori di essa, che simboleggia la salvezza. I colori scuri sono il peccato e le sofferenze, e Cristo con la sua redenzione trasporta l’uomo al di fuori del peccato, fino al bianco abbagliante della salvezza, fino a Dio.

Un’ultima importante caratteristica di questo mosaico è la diversa grandezza dei tasselli che lo compongono e che simboleggiano proprio l’uomo; ognuno di noi è diverso – i vari tasselli -, con i suoi pregi e difetti, ma siamo tutti collocati in un grande disegno – l’ intero mosaico – che viene ideato per noi da Dio.

MARKO IVAN RUPNIK

è un gesuita,  artista, teologo e presbitero sloveno.

Artista e mosaicista cattolico, insieme all’Atelier dell’arte spirituale del Centro Aletti di cui è direttore, ha realizzato opere famose in tutta Europa come i mosaici della Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, quelli delle basiliche di Fatima e di San Giovanni Rotondo, quelli sulla facciata del Santuario di Lourdes, quello sul presbiterio della Parrocchia Maria SS. Immacolata in Qualiano (Napoli).

 

Dal settembre 1991 risiede e opera a Roma presso il Pontificio Istituto OrientaleCentro Aletti di cui è direttore. Insegna alla Pontificia Università Gregoriana ed al Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo. Dal 1995 papa Giovanni Paolo II lo chiama a diventare Direttore dell’Atelier dell’arte spirituale presso il Centro Aletti. L’Atelier è un ambiente in cui l’arte e la fede si incontrano nella creazione artistica stessa. Qui un gruppo di artisti cristiani di diverse Chiese, vivendo e lavorando insieme, approfondisce al livello teorico e pratico il rapporto tra arte e luogo liturgico, attingendo alla memoria della tradizione iconografica delle Chiese dell’Oriente e dell’Occidente, perché solo così, a pieni polmoni, si possa conoscere e testimoniare Cristo sempre più integralmente.