Attivo anche a Roma il progetto per l’affiancamento familiare promosso da Caritas
Una famiglia si trova improvvisamente in difficoltà perché si ammala un familiare. Una mamma sola o un papà separato non ce la fanno a gestire i figli senza un aiuto esterno. Una mamma africana ogni giorno è costretta a fare 4 ore di viaggio in pullman per accompagnare i figli a scuola perché non ha la patente. I genitori immigrati non hanno una rete di relazioni amicali che possano supportarli nella routine quotidiana. Sono tante le situazioni in cui le famiglie possono trovarsi a fronteggiare un periodo difficile, che può presto trasformarsi – se non sostenute – in disagio ed emarginazione. Con una azione preventiva e curativa e un metodo innovativo che coinvolge altre famiglie affidatarie, è attivo dal 2003 il progetto “Una famiglia per una famiglia”, ideato a Torino dalla Fondazione Paideia e poi diffuso in molte città e paesi del centro-nord. Dal 27 luglio il via anche a Roma, grazie a un protocollo d’intesa siglato in Campidoglio da Caritas italiana, Caritas di Roma, Assessorato alle politiche sociali di Roma Capitale e Fondazione Paideia.
La sperimentazione coinvolgerà inizialmente 8 famiglie beneficiarie in due municipi. Il volontariato e gli enti pubblici lavorano insieme per una azione che può trasformarsi in politiche sociali del territorio. Un metodo che non mette al centro solo il bambino ma l’intera famiglia, grazie al supporto di un’altra famiglia, innestando così un circuito virtuoso di relazioni amicali e integrazione sociale.
Obiettivo: mantenere unita la famiglia
Obiettivo principale, ha detto Francesca Danese, assessore alle Politiche sociali di Roma Capitale, “è fare in modo che i bambini rimangano nel nucleo familiare, mantenendo insieme la famiglia”.
Un progetto che mira ad entrare nel Piano strategico per i diritti, che “sta studiando forme di accreditamento innovative”. Per don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, la firma del protocollo “è una tappa significativa dei tanti interventi solidali sulla famiglia” che la Caritas sta portando avanti da anni, in collaborazione con le istituzioni, per “migliorare le condizioni di vita delle famiglie in situazione di disagio”. “Le file di persone che vengono a chiederci aiuto aumentano – ha detto monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma -. Un progetto di questo tipo permette di affiancare costantemente le famiglie”. Fabrizio Serra, direttore della Fondazione Paideia, ha spiegato come è nata l’idea: “Un giorno un bambino ci ha chiesto: perché aiutate solo me e non tutta la mia famiglia? Abbiamo capito che dovevamo spostare l’asse di intervento dal bambino alla famiglia”. Importante – ha precisato – è che l’affiancamento sia “precoce” per evitare “di cadere nel disagio conclamato”.Giorgia Salvadori, referente del progetto per Paideia, ha illustrato i frutti raccolti in questi anni nelle diverse regioni, che confluiranno in una Guida metodologica. “Oltre la metà delle famiglie beneficiarie sono migranti – ha detto -. La maggior parte sono nuclei monogenitoriali, con grandi povertà relazionali. Il 30% non ha un lavoro e un terzo delle famiglie ha un familiare con una situazione di disabilità o una malattia improvvisa”. La Caritas finanzia il progetto su Roma e Pescara con 33mila euro di fondi otto per mille, mentre la Fondazione Paideia fornirà il supporto tecnico e il Comune di Roma le risorse umane, tramite i servizi sociali.
L’impegno della Caritas
La Chiesa da sempre ha posto attenzione alla famiglia, fondamento della comunità civile ed ecclesiale, capace di generare il bene comune, sul modello della famiglia di Nazareth quale icona di comunione e di relazione. Caritas, nella sua funzione pedagogica e pastorale, è attenta a intercettarne i bisogni in quanto “soggetto sociale”, nelle diverse realtà territoriali.
Oggi, in misura maggiore, la famiglia sperimenta una condizione di fragilità e domanda un’attenzione specifica e cura particolare. Molte ricerche demografiche e studi sociologici evidenziano la comparsa di nuovi fattori di rischio: diminuzione dei matrimoni, crescente fragilità dell’unione coniugale, aumento delle separazioni e dei divorzi, calo della natalità, impoverimento delle famiglie con conseguente condizioni di rischio e vulnerabilità per i minori, ingresso di nuove culture e stili di vita connessi all’immigrazione.
Elementi che ci spingono a ricercare metodi e stili di lavoro, nella prospettiva di contribuire allo sviluppo integrale dell’uomo, alla giustizia sociale e alla pace, prestando particolare attenzione alle famiglie più povere e sole, agli ultimi.
In questi anni abbiamo incontrato la famiglia attraverso molte azioni tese sia alla comprensione di ciò sta accadendo, che a contrastare fenomeni di esclusione sociale soprattutto nelle famiglie con bambini e con anziani, offrendo risposte diversificate: mediazione familiare e sostegno alla genitorialità; microcredito e fondi di solidarietà; sportelli antiusura; empori della solidarietà; strutture di accoglienza.
Rientra in questo ambito anche il progetto “Una famiglia per una famiglia” che Caritas Italiana, in collaborazione con Caritas di Roma, ha proposto di sperimentare nella Capitale, allo scopo di fornire un sostegno alle famiglie in difficoltà con figli minorenni.
Il Progetto
“Una famiglia per una famiglia” è un progetto sviluppato dalla Fondazione Paideia a partire dal 2003, in partnership con realtà pubbliche e private di numerosi territori italiani. Obiettivo del progetto è sostenere famiglie che vivono un periodo di difficoltà nella gestione della propria vita quotidiana e nelle relazioni educative con i figli.
L’affidamento diurno tradizionale è indirizzato principalmente a instaurare un rapporto privilegiato tra il bambino in difficoltà e la famiglia affidataria, tenendo in secondo piano la famiglia d’origine.
“Una famiglia per una famiglia” sperimenta un approccio innovativo, che sposta la centralità dell’intervento dal bambino all’intero nucleo familiare: una famiglia solidale sostiene e aiuta un’altra famiglia in difficoltà, coinvolgendo tutti i componenti di entrambi i nuclei. Tutti i membri di una famiglia offrono le proprie specifiche competenze, determinate da età, professioni, inclinazioni differenti. Il progetto sviluppa un intervento di carattere preventivo, offrendo un sostegno temporaneo a famiglie fragili con minori: l’affiancamento tra famiglie permette di instaurare un rapporto di parità e reciprocità che sostiene senza dividere, con uno sguardo diverso sulla famiglia, vista come risorsa, non come problema. Il progetto è inoltre finalizzato ad aumentare l’interazione tra famiglie, enti e servizi, sia facilitando nelle famiglie una relazione di maggiore fiducia nei confronti delle realtà istituzionali, sia implementando la collaborazione tra pubblico e privato.
Il metodo
Nel 2003 il Comune di Torino ha presentato alla Fondazione Paideia l’idea progettuale “Una famiglia per una famiglia”. Paideia collabora con il Comune per trasformare l’idea in progetto esecutivo: nel 2005 inizia la sperimentazione nel Comune di Torino, che si conclude nel 2007, quando l’affido da famiglia a famiglia viene incluso nelle politiche sociali del territorio. Ad oggi il progetto è attivo in diverse aree territoriali del nord Italia, con il coinvolgimento di amministrazioni pubbliche, terzo settore e Fondazioni private e di origine bancaria. La fase di sperimentazione ha una durata di circa 24 mesi, durante i quali vengono attivati in genere 8 affidi della durata di 12 mesi. Obiettivo della sperimentazione è la costruzione delle condizioni di passaggio alla fase di lavoro a regime, che si inserisca nelle politiche ordinarie degli enti territoriali. Il progetto viene coordinato da un’équipe tecnica che si occupa di tutte le fasi dello sviluppo operativo, della selezione delle famiglie, del monitoraggio e della valutazione, in partnership con realtà associative e gruppi familiari del territorio, che coadiuvano nella ricerca di famiglie disponibili all’affiancamento e nella segnalazione di famiglie in difficoltà. Rilevante è la figura del tutor, in genere proveniente dalle associazioni, che ha funzioni di mediazione tra le due famiglie e di monitoraggio dell’affiancamento, in un contatto costante con i servizi e i partner coinvolti. Concretamente, la relazione tra le due famiglie si sviluppa attraverso incontri e rapporti telefonici frequenti (definiti, almeno in parte, nel patto educativo) con attività quali: sostegno educativo e organizzativo nella gestione dei figli, supporto pratico e nella relazione con enti istituzionali, organizzazione e partecipazione a momenti di festa e socializzazione, ascolto e condivisione di problematiche genitoriali e di coppia, confronto sui modelli educativi e valoriali di riferimento.
Risultati ed esiti
“Una famiglia per una famiglia” scommette sul fatto che un affiancamento tra famiglie caratterizzato da parità, reciprocità, supporto non professionale, possa essere uno strumento adeguato in situazioni familiari di vulnerabilità, se individuate e accompagnate in una fase preventiva. Questa tipologia di affiancamento risulta efficace rispetto a problematiche familiari quali: – fragilità della rete familiare; – difficoltà ad orientarsi e utilizzare la rete dei servizi e le opportunità del territorio; – malattia di uno dei componenti della famiglia; – affaticamento delle figure genitoriali; – carenze educative rispetto ai minori; – difficoltà di conciliazione dei carichi familiari. Ad oggi gli affiancamenti attivati nelle diverse esperienze territoriali sono stati circa 300 e hanno coinvolto oltre 500 bambini. Le famiglie affiancate hanno constatato come l’affiancamento le abbia aiutate ad accrescere la fiducia verso gli altri e verso le proprie risorse, a sviluppare nuovi apprendimenti e strategie educative, a conciliare più facilmente i carichi familiari e sentirsi maggiormente autonome nella gestione dei figli e della quotidianità, a rafforzare ed ampliare le reti sociali di riferimento. Le famiglie affiancanti hanno espresso la percezione di aver contribuito a conciliare i carichi familiari e a ridurre lo stato di stress delle famiglie affiancate, di aver facilitato la relazione con le reti sociali e le istituzioni, aumentando il grado di autonomia e contribuendo alla riduzione degli elementi di rischio. A seguito del progetto, alcune famiglie hanno dato la loro disponibilità per affidamenti anche di carattere residenziale e per altri progetti proposti dai servizi.