La ribellione dei profughi al confine con la Grecia e gli sgomberi di Calais non sono casuali. Difficile pensare che prima o poi non avvenisse. Ed è poco serio non riconoscere che era già avvenuto e che avverrà.
Don Luigi di Liegro in tempi non sospetti, nel libro “Immigrazione. un punto di vista” del 1997, sottolineava che il processo migratorio è inarrestabile e che tutte le energie vanno poste per gestirlo con saggezza e intelligenza senza illudersi di sopprimerlo. Lo sfondamento delle frontiere e le repressione violenta raccontano invece di una visione miope che continua a coltivare l’illusione che il processo possa essere governato con la forza e non con una cambiamento radicale degli atteggiamenti personali e delle scelte collettive. A tutti i livelli. Le sfide sono per tutti.
Come comunità cristiana occorre imparare a passare dalla paura alla fatica dell’accoglienza, fiduciosi che sia il cammino necessario per costruire il Regno di Dio. Nell’ottica quaresimale della conversione sperimentiamo che i cambiamenti di prospettiva fondati sulla Parola non sono facili, ma sono gli unici che portano alla salvezza.
Come attori sulla scena sociale siamo chiamati a superare l’apparente inevitabilità dell’agire nelle emergenza per entrare in una fase che deve contemplare l’analisi e l’accompagnamento di processi. Non serve cercare strutture di alloggio se non assumiamo la preoccupazione della giustizia e della condivisione con la testa e con il cuore.
Nell’ambito della politica dobbiamo richiedere con forza quale futuro immagina chi ci governa e come pensa di prepararlo . Non ci basta rimanere incartatati nella legge di stabilità. Le informazioni che abbiamo sono sufficienti a narrare con esattezza quello che sta avvenendo e quello che potrebbe avvenire. Ignorarlo è un peccato di presunzione da una parte e di omissione dall’altra. Rompere la pratica della legittimazione politica per assumere quella più complessa della ricerca del bene comune è un impegno di cittadinanza che va esercitato con competenza da tutti.
Sotto l’aspetto economico va ribaltata la visione mercantile nella quale abbiamo relegato la persona umana. Non più oggetto che vale solo quando acquista e produce, ma soggetto che vale perché vivo e parte del progetto di Dio sulla storia, portatore di novità e di creatività nel nostro cammino verso un’umanità più vera.
Le barriere divelte e lo sgombero dei campi stanno li a dirci che non abbiamo cambiato prospettive e non sappiamo dare risposte serie né per il presente, ne per il futuro.
L’immigrazione non è un problema di sicurezza e di prospettive economiche. È una sfida che mette al centro l’idea di uomo. La risposta non può essere una prigione male organizzata a cielo aperto. La risposta è un impegno costante per i diritti alla vita per ogni uomo, non altro che il nome laico della Misericordia che siamo chiamati a sperimentare e a testimoniare.