Il servizio si trasforma in una visita di cortesia

La testimonianza dei volontari delle cinque equipe del Servizio Itinerante Notturno

 

Il cortile illuminato di Casa Santa Giacinta è deserto. Parcheggiate sotto i lampioni le vetture bianche con il logo rosso e la scritta CARITAS a caratteri maiuscoli, attendono nel freddo pungente gli equipaggi, che fin dai primi giorni di Dicembre, pattugliano le strade per portare conforto e vicinanza ai tanti ospiti del ventre di Roma: è lo SNI, il Servizio Notturno Itinerante.

Quando diventa buio e si accendono le lampade arancioni, le vie cambiano volto; perdono la solida consistenza diurna e si trasformano in evanescenti pozze di ombra, selciati silenziosi e umidi, giardini immobili. Un altro popolo si muove nella città speculare. Persone che di giorno sono invisibili, si materializzano ovunque ci sia un riparo da pioggia e freddo. Portici, androni, passaggi pedonali, smettono di essere architetture funzionali e diventano ricovero e dormitorio; finanche le monumentali colonne di Piazza San Pietro ritornano alla funzione per cui furono immaginate: il grande abbraccio della Chiesa ai suoi figli nel bisogno. La città notturna è la casa che accoglie tutti coloro che non hanno più un indirizzo. La città del sonno, tra scatoloni, coperte e materassi di fortuna, convive con il richiamo seducente dei ristoranti illuminati e comitive che si divertono in tante lingue diverse. Chi sciama nella notte di Roma non guarda negli angoli delle piazzette, trasformate in parcheggi, non presta attenzione all’ombra densa di un angiporto; i cartoni ammucchiati potrebbero essere semplice spazzatura non raccolta da tempo; invece quelle cianfrusaglie sono fragili capsule che proteggono persone e racchiudono storie. Storie complicate o assurdamente semplici dal terribile epilogo. Storie che vengono da lontano ma anche da luoghi familiari. Storie che potrebbero diventare la mia storia, per le tante somiglianze. La notte dello SNI si fa porta di accesso a tutte quelle storie e la chiave dello scrigno è la coperta asciutta, il sacco a pelo caldo: la diffidenza inziale si dissolve dopo i primi imbarazzi e le parole diventano sciolte; il giaciglio di fortuna è il salotto surreale in cui si chiacchiera amabilmente, come se niente fosse. Qualche malinconia, nessuna commiserazione, ma tanta amarezza per il lavoro che non c’è e la mancanza di opportunità. Parliamo e ascoltiamo, confrontiamo esperienze e situazioni molto diverse e la persona che dorme tra i cartoni, diventa un individuo completo: con un nome e una genealogia; con rimpianti, desideri e soddisfazioni. Quante similitudini emergono: le tensioni in seno alla famiglia, il gusto di leggere un bel libro, il piacere della tavola. Vivo al di qua di una soglia: ascoltando il racconto di una vita, comprendo cosa vuol dire superare quella soglia; in parte è già nella mia esperienza, ma ogni nuova testimonianza aggiunge un colore e contribuisce ad espandere l’orizzonte dell’alterità che la quotidianità, dominata dalle esigenze personali, mortifica in uno spazio angusto: l’ascolto attento e senza pregiudizi, costringe ad ampliare il respiro, a guardare oltre il confine.

Trascorrono le ore della notte e il servizio si impregna del sapore antico di una visita di cortesia, non è un passaggio veloce pensato per fare grandi numeri; lo SNI è desiderio di approfondire situazioni e condizioni, lo SNI lascia emergere la personalità delle persone cui si avvicina, lo SNI è una piccola carezza sul viso di chi è solo in una massa indistinta.

Le automobili bianche percorrono Roma ogni notte, il loro scopo non è mappare il territorio dei luoghi, ma quello delle persone e tessere con loro un filo, a volte sottilissimo, nella speranza che possa tramutarsi nella cima di sicurezza che sostiene l’ancora e impedisce la deriva.

 

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