“Servizio e segno”, la formazione degli operatori

Si è svolto il 14 febbraio il primo incontro con la riflessione di don Virginio Colmegna

WhatsApp Image 2017-02-14 at 10.44.36«Servizio e segno» è stata la riflessione degli operatori della Caritas di Roma nella prima delle quattro giornate del ciclo di formazione del 2017 che si è svolta il 14 febbraio scorso con la guida di don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano. Oltre 180 operatori, suddivisi in due gruppi – mattina e pomeriggio – si sono confrontati sul tema della mission Caritas improntata sulla pedagogia dei segni: educare la comunità cristiana alla vita di carità come vita dove si fa crescere la dinamica della testimonianza, dell’annuncio del Vangelo.

«Carità – ha spiegato Colmegna – non vista semplicemente come azione caritatevole di aiuto ai più poveri, con le tante forme che anche la tradizione e l’educazione della nostra comunità hanno fatto crescere, ma come punto di partenza per una conversione al Vangelo della carità e come anelito di giustizia e di difesa della dignità di ogni persona».

Il sacerdote milanese ha voluto ricordare la figura del cardinale Carlo Maria Martini, scomparso nel 2012, nel giorno del 90° della nascita. «Martini – ha detto – ha avuto la grande intuizione di vedere la povertà anzitutto come una sfida culturale. Per questo ci ha sempre invitati a una carità come un’esperienza forte dal punto di vista culturale, di comunicazione, ricerca, proprio abitando e condividendo i volti, le storie delle realtà  più fragili e vulnerabili».

Per don Colmegna «la cura dei sentimenti è la prima grande rivoluzione culturale a cui non dobbiamo soltanto assistere, ma trovarci ricercatori inquieti ed appassionati. Quando il Papa dice di aver sognato una Chiesa povera per i poveri non vuole solamente invitarci a sostenere chi è in difficoltà, ma si spinge ben oltre. Con quella frase, Papa Francesco vuole farci capire che la povertà deve diventare la leva del cambiamento, la spinta che ci convince ad adottare nuovi paradigmi economici, ambientali e di sviluppo».

Da qui deriva il suolo della Caritas alla quale, in ogni diocesi, «è affidata questa nuova spiritualità che rischia di non essere colta nella sua urgenza. Qui si innesta il grande bisogno di una formazione, di un’educazione a un sistema organizzativo che sia capace di trattenere la complessità e insieme la professionalità, che dia qualità alle esperienze che noi vogliamo e rimetta in sintesi professionalità e senso».

«Abbiamo bisogno di cogliere la carica evangelizzatrice che ci sta nella povertà come categoria teologica, cioè come categoria che ha a che fare col Vangelo che va immerso nella quotidianità, nella laicità dell’esperienza ma per questo bisogna che le nostre professionalità e il nostro sistema organizzativo diventino scelta che venga raccontata continuamente con una comunicazione nuova, con l’energia culturale».

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