Non sono gli ideali e le grandi idee quelli che mancano ai nostri giorni: abbiamo generazioni che si sono formate nella democrazia, figlie della libertà, che hanno avuto la possibilità di studiare, conoscere, incontrarsi. Paradossalmente, proprio perché benessere e intelletto non sono più appannaggio solo di alcuni, sono venuti meno i maestri ed i testimoni. Non che non ce ne siano, ma si stenta a riconoscerli.
In compenso abbondano i dispensatori di previsioni a corto raggio: come andrà la Borsa, quali saranno le professioni del futuro, quanti immigrati arriveranno il prossimo anno.
Non che non si tratti di questioni importanti ma nulla a che vedere con la dimensione profetica. Nella migliore delle ipotesi queste pre-visioni sono sostenute da un pensiero che si vuole raziocinante, competente; esperti e istituti di ricerca si contendono l’approvazione pubblica e istituzionale, novelli aruspici in cerca di laute commesse in una società disorientata. Come cascame di secondo livello si affollano esperti di marketing di prodotti commerciali e di personaggi politici che, facendo riferimento a tecniche di psicologia sociale non molto dissimili tra loro, disegnano il profilo del politico che potrà salvare la nazione o il prodotto (l’auto, il profumo) che potrà donarci un futuro di successo. E giù, via per i rami, i dispensatori di consigli amorosi, le poste del benessere e astrologi vari, tutta una folla di persone che vogliono indovinare le nostre sorti, se possibile volgendole al bello. La pianta della pre-visione è forte e radicata nel nostro modello culturale e piena di ramificazioni secondarie.
Tutto questo magma ribollente costituisce un rischio minore rispetto al pericolo reale, tangibile anche di un solo, negativo falso profeta; ma non si può negare una qualche connessione tra la pletora di opinionisti folkloristici, indovini e sondaggisti, e l’avvento di temibili “falsi profeti”: perché il sonno della ragione genera mostri e l’abbandonarsi all’opinionismo spicciolo e modaiolo, al duello degli indovini sociali, al relativismo delle competenze e delle professionalità (ma perché si invitano in tv show girl a parlare di politica o di economia?) preparano il terreno alla credulità, ad un’indifesa plasmabilità delle opinioni sociali e del consenso. L’elezione di leader inquietanti è stata frequentemente preparata da una propaganda non di segno politico, ma esistenziale, fatta di semplificazioni, slogan ripetuti ossessivamente, sollecitazione di paure (il diverso, l’altro) la massificazione del gusto e del pensiero (si pensi alla funzione politica delle telenovelas a livello mondiale), la mediocrizzazione dei modelli di vita.
Tra i mille indovini del nulla e il Profeta Negativo c’è più contiguità di quello che si pensi. Un popolo abituato a ragionare e strologare in maniera irrazionale sarà più acquiescente e mansueto di fronte alla voce stentorea o flautante del Profeta negativo. ”Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci” (Mt 7,15).
La maturità educativa e culturale di un popolo, il dialogo e lo scambio delle idee, restano il principale antidoto. Il Cristianesimo ancora una volta ci offre una bussola decisiva. I profeti siamo noi – con il lavoro, il volontariato, la partecipazione e la corresponsabilità alla vita della comunità – e senza paura dobbiamo far emergere questo ruolo. «Non vedete che il deserto sta fiorendo» ammoniva Isaia: annunciamo questa Speranza con la nostra vita in Cristo.
Nel periodo di Quaresima gli operatori della Caritas di Roma proporranno delle riflessioni a partire dal Messaggio di papa Francesco «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12).
Elisa Manna, responsabile dell’Ufficio studi e ricerche, riflette sui “falsi profeti”.
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«Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà»