L’emergenza da Covid 19 e il conseguente lockdown, hanno costretto l’Italia dal 10 marzo al 18 maggio 2020 a misure d’emergenza mai adottate e vissute prima: obbligo di permanenza nelle proprie abitazioni, limitazione della libera circolazione, chiusura delle scuole e della quasi totalità delle attività lavorative. Il tempo percepito durante la chiusura prolungata di ben 69 giorni non è misurabile, per ognuno di noi ha avuto un diverso valore e significato.
Una ricerca condotta dall’Ospedale pediatrico di Genova, pubblicata nel giugno 2020, ha indagato l’impatto che questo periodo d’isolamento ha avuto su bambini e adolescenti. I dati evidenziano tra i sintomi più frequenti: disturbi del sonno, attacchi d’ansia, aumento dell’irritabilità, con un impatto del 65% sui bambini sotto i 6 anni, che sale al 71% per la fascia di età compresa tra i 6 e i 18 anni. Dall’analisi delle risposte è emerso che la situazione di isolamento ha determinato una condizione di stress con ripercussioni non solamente sulla salute fisica, ma anche su quella emozionale-psichica, sia dei genitori che dei figli, riconducibile al sistema di sviluppo interdipendente. Infatti, come è noto, esiste un rapporto di scambio fra i membri di un nucleo familiare che influenza reciprocamente stati emotivi e comportamenti di ognuno.
Situazione ancora più delicata è quella vissuta da bambini e adolescenti accolti in comunità socio-educative, lontani dalle rispettive famiglie. Al di là dei percorsi che hanno portato all’ingresso nei centri di accoglienza, questi minorenni hanno sperimentato un’esperienza ancora più peculiare. Gli educatori della Caritas di Roma si sono interrogati sull’impatto che questa vita diversa poteva avere sui ragazzi accolti all’interno delle comunità. I ragazzi non sono più potuti né uscire per vedere amici e conoscenti, né ricevere visite; hanno dovuto confrontarsi e imparare nuove abitudini: monitoraggio dello stato fisico di coloro che entravano e uscivano, rimanere a distanza, vedere gli educatori col viso coperto. Inoltre, il loro progetto verso autonomia è rimasto sospeso, congelato.
È stato elaborato, pertanto, un questionario con l’obiettivo di indagare la loro percezione dei cambiamenti su diversi aspetti: la scuola, il lavoro, la situazione giuridica, la vita in casa, il tempo libero, la salute. Sono state approfondite le emozioni che hanno principalmente caratterizzato l’esperienza del lockdown e la percezione di comprensione e conoscenza del fenomeno pandemico. E’ stato non solamente uno strumento di indagine, ma anche di approfondimento su quanto stavano vivendo, utile per poter esternare, per poter dare un nome alle emozioni e avere una maggiore comprensione dei loro vissuti e dei loro comportamenti. Si conoscono, infatti, gli effetti esterni del lockdown e le conseguenze oggettive che essi hanno sulla vita quotidiana; non si voleva, però, dare per scontato la percezione dei ragazzi di tali effetti e conseguenze. Il questionario è stato diffuso tra le comunità del territorio regionale e nazionale; inoltre, è stato esteso anche tra i ragazzi che vivono in famiglia. Per facilitare la compilazione da parte dei ragazzi stranieri è stato tradotto in diverse lingue (inglese, francesce e arabo).
Lo strumento è stato eleborato nel mese di aprile e diffuso nei mesi di maggio e inizio di giugno 2020.
Analisi dei dati
Hanno partecipato 101 ragazzi provenienti da 8 regioni d’Italia. Il questionario è stato compilato in prevalenza da adolescenti di sesso femminile (62%) di età compresa tra i 17 e i 18 anni (53,4%). Le regioni maggiormente rappresentate sono state Lazio (49%), Piemonte (18%) e Toscana (10%). La maggior parte di coloro che hanno partecipato si trovavano nella propria abitazione (79,5%) con la propria famiglia e sono nati in Italia.
Il campione risulta eterogeneo e poco rappresentativo di ogni specifica condizione di vita socio-familiare; comunque emergono dati interessanti da poter approfondire in successive indagini mirate.
Il 67,7% del campione si è sentito abbastanza informato sulla pandemia: su una scala da 1 a 10 hanno rimandato un valore tra 7 e 8.
Abbiamo indagato la percezione dei ragazzi sugli effetti del coronavirus sulla scuola. Tra gli aspetti positivi, la metà del campione ha dichiarato la possibilità di dormire di più al mattino (51%), non dovendo uscire per andare a scuola; dall’altro lato sempre la metà del campione (52%) ha sofferto il poter vedere i compagni solo tramite computer o telefono: “Trovo che la sua scuola è essenziale per convivere, però, ritornare a convivere come prima, con gli amici e avere una vita più socievole”.
Rispetto al tema lavoro, tra i ragazzi che lavorano, comunque una minoranza del campione, hanno dato risposte contraddittorie: il non lavorare per alcuni è un aspetto positivo, per altri negativo. Tutti coloro che lavorano, abitano a casa con la loro famiglia e non riportano in modo significativo un cambiamento nella situazione lavorativa dei loro genitori. Sarebbe interessante quindi indagare il valore del lavoro nella loro vita.
Nell’ambito salute, tra gli effetti positivi i principali sono: il cambio di alimentazione e la cura del corpo. Anche in questo caso troviamo delle risposte che sono state date sia come effetti positivi, che negativi: il cambiamento del sonno notturno e l’uso di guanti e mascherina quando si usciva. Nello specifico, 19 ragazzi hanno fornito come effetto positivo l’uso di DPI quando escono. Tra questi si nota una percezione sulla propria informazione relativa al Covid-19 in media più alta rispetto alla totalità del campione, mentre nessuna differenza rispetto all’intensità di preoccupazione: “Niente sarà più come prima e la nostra salute sarà sempre messa a repentaglio per almeno 2 anni se tutti non adempiremo ai nostri doveri e non manterremo le dovute distanze”. Dei 20 ragazzi che riportano come aspetto positivo un cambiamento nel sonno, 13 sono contenti di poter dormire di più al mattino. Dei 30 ragazzi che riportano come aspetto negativo un cambiamento nel sonno, 18 lamentano di non poter vedere i compagni dal vivo.
Per quanto riguarda la situazione giuridica un effetto sia positivo che negativo è rimanere nella medesima casa o comunità. Probabilmente questo dato è legato al desiderio o meno di cambiare luogo di dimora, anche se non si osservano differenze significative rispetto alle risposte date sul clima a casa.
Per ciò che concerne la situazione familiare e il sistema amicale, la buona salute dei propri cari è l’aspetto positivo principale: “Sepse familja eshte gjithcka (perché la famiglia è tutto)”; il non poter vedere i familiari e gli amici quello negativo: “Non mi trovo a mio agio socializzare tramite uno schermo, preferisco una chiacchierata a quattrocchi”.
E’ stato indagato il clima in casa: anche qui per alcuni il lockdown ha dato la possibilità di passare più tempo con i propri cari e sperimentare attività diverse: “Sento che con i miei genitori e mio fratello si sia instaurato un legame ancora più forte di quello precedente”. Viceversa per altri questa vicinanza forzata è stata vissuta in modo negativo: “Diventiamo pazzi”.
Contraddittori sono anche i risultati rispetto all’aspetto che più e quello che meno preoccupa i ragazzi durante il lockdown: la scuola e la situazione giuridica sono stati indicati in misura maggiore.
La preoccupazione del fenomeno pandemico comunque è stata abbastanza elevata: su una scala da 1 a 10 i ragazzi hanno restituito un valore principalmente tra 7 e 8.
L’emozione più sentita la noia.
Molto belli sono alcuni desideri per il futuro riportati nei questionari:
“Tornare ad avere la mia libertà, tornare a guardare la gente negli occhi e buttare via il cellulare, solo e unicamente contatto fisico”.
“Spero che dopo la recente esperienza le persone abbiano imparato un minimo di senso di unità e fratellanza”.
“Rivivere la mia normalità apprezzando i piccoli momenti”.
“Mi piacerebbe nuotare, è da tanto che non lo faccio e onestamente rimpiango la fatica accumulata vasca dopo vasca. Mi piacerebbe prendere il sole in aperta campagna, correre per le strade, ascoltare musica ad alto volume in un campo deserto. Mi piacerebbe anche andare al mare, però di pomeriggio/sera, non mi piace il troppo caldo, entrare in acqua e restarci a galla finché non mi stanco. Non ho troppa voglia di vedere le mie amiche, ovviamente voglio bene ad ognuna di loro e le considero tali, però come ho detto prima non ho mai costruito legami così profondi con altre persone, quindi mi va bene anche non vederle. Per ultimo, ma non meno importante, mi piacerebbe andare al cinema, quanto mi manca! Vorrei guardare un qualsiasi film, a patto di stare da sola nella sala, mi piacerebbe così tanto godermi quell’ambiente senza altre persone, sarebbe veramente bello. Molto”.
“Abbracciare le persone a cui voglio bene”.
“Che la gente la gente si svegli, e che alcuni problemi che ora stanno venendo fuori in modo più evidenti non vengano di nuovo dimenticati (violenza domestica, estrema povertà/senzatetto, lavoro in nero, ecc.)”.
“Tornare a danzare perché a casa non ho tanto spazio e ciò mi impedisce di ballare e questo mi fa sentire veramente claustrofobica”.
“Non possiamo fermare quello che sta accadendo ma possiamo cambiare le nostre reazioni e prospettive, il modo in cui vediamo ciò che stiamo vivendo”.
Considerazioni conclusive
I ragazzi durante il lockdown nazionale, con il loro comportamento, sono stati degli ottimi rappresentanti di una generazione che ha compreso e accettato di fare sacrifici per il bene della società in cui sono accolti, specialmente per i suoi membri più fragili, riconoscendo nella salute un bene fondamentale.
Il rimanere a casa o in comunità ha permesso di essere al sicuro. Ma allo stesso tempo ha richiesto una convivenza più intensa, con il rischio o l’opportunità che questo elemento cela.
Emerge la relazione come elemento importante dell’esperienza scolastica. Se la didattica a distanza (Dad) sostiene la continuazione del percorso formativo, non può supplire alla lontananza fisica e al bisogno essenziale di ciascuno di avere contatti e relazioni. In adolescenza, spesso, i rapporti tra pari possono risultare problematici e la Dad può apparire una soluzione, ma la verità è che le istituzioni formative in adolescenza sono anche laboratori relazionali, in cui gli studenti possono sperimentarsi .
Inoltre, i risultati indicano come se da un lato si apprezza la possibilità di rimanere a casa e il ridimensionamento degli impegni, con le inevitabili fatiche e responsabilità che essi comportano, dall’altro le attività scolastiche ed extrascolastiche sono occasioni di crescita che vengono a mancare.
“Non possiamo fermare quello che sta accadendo ma possiamo cambiare le nostre reazioni e prospettive, il modo in cui vediamo ciò che stiamo vivendo”: questa è stata la strategia di supporto alla loro capacità di resilienza.