Caritas internationalis, la mano amorevole per i poveri

Gli auguri di Papa Francesco per i 70 anni dell’organismo della Santa Sede

«Caritas è in tutto il mondo la mano amorevole della Chiesa per i poveri e i più vulnerabili, nei quali è presente Cristo». Nella preghiera dell’Angelus di domenica 12 dicembre, papa Francesco ha formulato gli auguri per i 70 anni di Caritas Internationalis.

Una «ragazzina» di settant’anni. Vissuti all’insegna del dono, della vicinanza, dell’attenzione agli ultimi. In una parola del Vangelo. Un cammino lungo solo in apparenza perché non ne esaurisce affatto l’impegno, non ne limita lo sguardo di futuro, non ne può frenare l’entusiasmo. Anzi deve diventare memoria, impulso al cambiamento, esperienza su cui tracciare l’itinerario futuro. Una giovane donna che «deve crescere e fortificarsi» in modo da diventare ogni giorno di più «la mano amorevole della Chiesa per i poveri e i più vulnerabili, nei quali è presente Cristo». Per questo l’obiettivo è snellire costi e burocrazia organizzativa, così che i soldi – ha aggiunto il Santo Padre –, vadano interamente ai bisognosi.

In questa prospettiva, l’organismo internazionale della Santa Sede, nel 70° anniversario di fondazione ha lanciato “Together we” (Noi insieme), la nuova campagna globale. L’obiettivo è trasformare in vita vissuta, concretizzare quel richiamo all’ecologia integrale che è l’architrave dell’enciclica di papa Francesco “Laudato si’”. E articolarla nella dimensione della fraternità, dell’appartenenza alla stessa famiglia umana evocata nella “Fratelli tutti”.

Si tratta di un itinerario in tre fasi, una per ciascuno dei prossimi anni. La tappa iniziale – ha spiegato il segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John – avrà come obiettivo far crescere la consapevolezza dello stretto legame, della correlazione tra degrado ambientale e povertà, come dimostrano gli effetti, in termini di carestie piuttosto che di migrazioni forzate, del cambiamento climatico. Ma questo cammino di sensibilizzazione per risultare davvero efficace deve partire dal basso, cominciando da villaggi e parrocchie. Del resto è questo lo stile che anima la Caritas da sempre: si frequentano i margini, se ne raccolgono i bisogni, si prova a trovare un rimedio. È stato così per le precedenti due campagne, dedicate all’insicurezza alimentare e al sostegno ai migranti, si lavorerà allo stesso modo nel nuovo progetto lanciato ieri alla Pontificia Università Urbaniana.

Non a caso la seconda fase di Together we punterà a far ascoltare il grido dei poveri da governi, Stati e organizzazioni internazionali, in modo che entrino nel dibattito politico anche le voci di chi solitamente ne è escluso. Solo a questo punto, e siamo all’ultima tappa del triennio, sarà possibile un confronto autentico sulle esperienza via via raccolte, per tradurle in buone pratiche, per farle diventare cultura condivisa, vita vissuta. «In questi settant’anni – ha sottolineato il cardinale Luis Antonio Tagle aprendo il convegno di ieri mattina – “Caritas internationalis” ha testimoniato il dolore, la sofferenza e il degrado dovuto alla povertà e imposto alle persone da atteggiamenti, sistemi e da politiche dell’ingiustizia e dell’indifferenza, ma ha anche documentato il potere trasformativo della cura, della comunione e della compassione ». Siamo stati – ha aggiunto il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e presidente di Caritas Internationalis – testimoni della forza, della saggezza e della dignità, della speranza e gioia che i poveri hanno». Ma per farlo capire, per porre gli ultimi al centro, come chiede il Vangelo serve un impegno comune. C’è bisogno di lavorare tutti insieme per liberare le strade su cui cammina la “Caritas ragazzina”. C’è bisogno di mani, che come è disegnato nel logo che accompagna la nuova campagna globale, si stringono attorno al mondo. Per proteggerlo, per tenerlo al caldo. Per evitare che se ne raffreddi il cuore.

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