A Villa Glori una mattinata dedicata alla condivisione dei percorsi di accoglienza diffusa. Il vicedirettore Caritas don Salvini: «L’accoglienza spalanca le porte della carità».
Hakim è scappato dalla guerra in Afghanistan senza nessuna certezza del futuro. Ma oggi, grazie a Rosalba e Pietro, ha una casa, è amato, ha preso la patente e studia all’università. Alì ha 25 anni, anche lui afghano, lavorava come aiuto cuoco in un ristorante. Poi è stato licenziato ed ha perso tutto. Ma ora, grazie alla parrocchia di Santa Agnese fuori le mura, dove ha trovato ospitalità, ha preso la patente C, ha iniziato a lavorare come camionista, si è sposato ed è diventato papà.
Storie di carità e rinascita, quelle che sono state raccontate lo scorso sabato 13 aprile a Villa Glori, in una mattinata dedicata al progetto “Accoglienza diffusa”. Un vero momento di condivisione, durante il quale tanti volontari si sono incontrati per confrontarsi sui percorsi di accoglienza che, con l’aiuto della Caritas diocesana, portano avanti nelle parrocchie, nelle comunità religiose e anche all’interno delle proprie famiglie.
«Il desiderio di aprire la nostra casa ad Hakim è nato dopo aver visto in televisione le immagini della guerra in Afghanistan – spiegano Rosalba e Pietro, sposati da 35 anni -. È con noi dal 2022 e gli abbiamo offerto l’affetto di una famiglia. Passati pochi mesi, ci ha chiesto di essere chiamati mamma e papà. Da quel momento per noi è diventato un figlio», aggiungono con gli occhi lucidi. Come Rosalba e Pietro, anche Gianni e Fabiana, hanno aperto la loro casa da due anni per accogliere una mamma nigeriana con il suo bambino. «Crediamo molto nell’accoglienza domestica, perché dona alle persone con fragilità un luogo sicuro dove poter ripartire e riacquisire la propria autonomia. Per noi è un vero arricchimento reciproco».
Tra le testimonianze che sono state raccontate c’è anche quella di suor Maria e di suor Guglielmina, della congregazione delle religiose della Croce del Sacro Cuore di Gesù. «Tramite una lettera del Vicariato – ricordano -, il Papa ci ha chiesto di accogliere i senza tetto e i migranti. Fuori dalla clausura abbiamo una casetta dove dal 2018 ospitiamo i più bisognosi». Anche la parrocchia di Santa Maria della Consolazione è molto attiva. Da due anni, in un appartamento ristrutturato grazie ai fondi della Cei e della Caritas, abitano Bianca e Brandon, una mamma albanese con il suo bambino. «Bianca è una ragazza molto seria, in questo periodo ha sempre lavorato e ha messo da parte molti soldi – racconta il parroco, don Fabrizio Biffi -. Grazie ai suoi risparmi e a una raccolta fondi dei parrocchiani, stiamo acquistando una casa che prossimamente le permetterà di vivere in autonomia – aggiunge -. Come sacerdote è una delle cose più belle che io possa fare, contribuisce a farmi sentire prete nel profondo».
L’incontro si è concluso con un pranzo, al quale ha partecipato anche don Paolo Salvini, vicedirettore della Caritas romana, che aveva già celebrato la Messa all’inizio della mattinata. Tra i due momenti il confronto a gruppi dei partecipanti, mentre alcuni bambini giocavano all’esterno. «L’accoglienza diffusa è un’esperienza molto stimolante e arricchente se ben accompagnata – sottolinea il sacerdote -. Trasforma chi ospita, oltre a beneficare chi viene ospitato. L’idea di incontrarci è nata per scambiarci questa ricchezza perché ce n’è davvero tanta da condividere – sono ancora le sue parole -. Il dialogo ci incoraggia, ci rende più forti e ci motiva non solo a continuare ad aiutare chi ha più bisogno, ma anche a coinvolgere di più le comunità. Affinché anche altri possano scoprire ciò che noi abbiamo sperimentato attraverso queste esperienze. È una ricchezza da non tenere nascosta – conclude -, perché l’accoglienza spalanca le porte della carità».
Fonte: Romasette.it