Dalla parte della pace

È sempre un’emozione particolare e difficile da vivere quella che provi quando ti confronti con la guerra, non attraverso un’idea o un racconto lontano, ma attraverso un volto e una persona in carne ed ossa. L’incontro con padre Piotr Rosochacki, direttore di Caritas Spes Odessa, ha messo in moto questo e molto più. Ci ha ringraziato per la vicinanza e il supporto in questo anno così drammatico per lui e per la sua popolazione.

È un ringraziamento immeritato, che non fa menzione dell’indifferenza, della dimenticanza colpevole che abbiamo avuto tra il 2014 e il 2022 per quella stessa popolazione di cui ci siamo ricordati solo dopo aver lasciato che la guerra divenisse inevitabile: quando ci ha ricordato come la comunità internazionale non si sia presa cura del popolo ucraino dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, lo ha fatto non per rimproverarci ma per sottolineare invece l’apprezzamento per quanto fatto nell’ultimo anno.

Mentre diceva questo, per noi è stato impossibile non pensare a come nell’ultimo anno l’“aiuto” che come Paesi europei abbiamo saputo dare è stato quello di fornire strumenti di morte per esacerbare un conflitto già troppo drammatico di suo.

Quando poi ci ha raccontato di come la propaganda russa distorca la verità e della necessità di raccontare la verità come se questa fosse una, e una soltanto, ci ha ricordato come sia indispensabile per noi, che abbiamo forse il cuore ferito ma non certo il coinvolgimento diretto, cercare di ascoltare le sofferenze per raccontare che l’unica verità in cui crediamo, l’unica parte che vogliamo prendere è quella della pace e di chi soffre.

La pace. Ci siamo e gli abbiamo allora chiesto come si riesca ad essere testimoni di pace quando si è dentro ad una guerra non voluta, come ci chiede il Vangelo e come papa Francesco incessantemente ci ricorda. padre Piotr ci ha raccontato allora di come la sera del venerdì Santo 2022, quando alla Via Crucis al Colosseo due donne, una di nazionalità Ucraina e una russa, condivisero la croce, uno dei suoi collaboratori lo chiamò per dirgli che lui da quel momento non avrebbe più potuto e voluto essere parte di un’organizzazione che teneva insieme il suo popolo con il “nemico” e non fu facile farlo desistere dal suo intento.

Se siamo stati capaci di dimenticare qualche anno fa, oggi, dopo oltre un anno di conoscenza diretta attraverso l’accoglienza di chi dal dramma di quella guerra è potuto e voluto fuggire, abbiamo il dovere di non farlo più e continuare a costruire speranza nel cammino condiviso per la pace e con una preghiera comune.

Un saluto di pace
L’Equipe Emergenza Ucraina