Il ricordo di monsignor Giovanni Nervo

Si è spento a Padova mons. Giovanni Nervo, primo presidente di Caritas Italiana, della quale nel 1972 cura la nascita e l’organizzazione, a livello nazionale e diocesano.

“Saper fiorire dove Dio ci ha seminati”, è l’esortazione che amava ripetere ed è quanto è riuscito sempre a fare nella sua vita. Una guida e un esempio per tutti noi che ha testimoniato e vissuto quotidianamente e con coerenza la carità evangelica, specie accanto ai più poveri, i più deboli, i più piccoli.
Riportiamo l’ultimo articolo sul volontariato che scrisse per RomaCaritas, la rivista della Caritas romana, nel 2004.

Tre sfide per salvare l’anima
Gratuità e tutela dei deboli: l’advocacy del volontariato

Come sta di salute il volontariato in Italia oggi?
Al di là delle esaltazioni formali, un osservatore attento può intravedere tre sfide che il volontariato deve superare, se vuole mantenersi in buona salute.

Conservare innanzitutto la sua identità originaria, che è la gratuità, che può essere compromessa da due fattori: l’affacciarsi di varie altre forme ispirate alla solidarietà sociale (cooperazione sociale, enti non profit, Onlus, ecc.) che vengono chiamate volontariato, ma che, almeno largamente, volontariato non sono.
La linea dell’attuale Governo di fondere le tre leggi sul volontariato, sulla cooperazione sociale, sull’associazionismo di promozione sociale in una sola legge sul non profit, renderà più difficile al volontariato mantenere la sua identità originaria. L’altro fattore è costituito dai soldi, oggi più abbondanti di ieri, necessari ma pericolosi: di soldi il volontariato può anche morire, perché può attenuarsi o venir meno il valore della gratuità.

La seconda fase è di salvare, con il contributo dei suoi valori, l’anima al non profit, che pure è nato da principi di solidarietà. E’ evidente negli ultimi anni una evoluzione: dal volontariato alla cooperazione sociale, al non profit, all’economia sociale.
E’ una evoluzione che presenta come abbiamo visto anche lati positivi: aumento di posti di lavoro, maggiore mobilitazione di risorse giovanili, proposta e sperimentazione di un modello di economia sociale di mercato, di fronte ad un’economia liberista di mercato.
Però il non profit corre il rischio di perdere i suoi valori di fondo, la sua anima e di scivolare inevitabilmente nel profit.

Infatti se il movente del profit è legittimamente il profitto, qual è il movente del non profit? Non può essere il valore negativo del non profitto, né è sufficiente l’autogratificazione: se vengono meno i valori originari, la trasformazione del profit diventa inevitabile: perciò in questo momento il volontariato ha il compito di conservare anche non profit con cui collabora, i valori del rispetto delle persone, della solidarietà, della giustizia sociale, dell’amore del prossimo, che gli sono propri e che sono anche all’origine del non profit.

La terza sfida è la tutela dei diritti dei soggetti deboli, cui dedica gran parte della sua attività: è quella che il prof. Ardirò, nel recente volume: “Volontariato e globalizzazione” chiama funzione di advocacy.
In un seminario di ricerca organizzato dalla Fondazione “E. Zancan” proprio sul tema “Il volontariato di advocacy” mons. Pasini introducendo il seminario ha messo in evidenza l’esigenza che il volontariato eserciti questa funzione. “La vocazione poi del volontariato come difesa dei diritti dei più deboli – ha detto mons. Pasini nella sua analisi – è stata presente nel dibattito culturale degli ultimi trent’anni, a due livelli:

  • anzitutto nella concezione globale del volontariato che contemplava tre dimensioni complementari di servizio: il servizio diretto alla comunità con particolare attenzione alle fasce più povere ed emarginate; il servizio di animazione solidale finalizzato a coscientizzare e a responsabilizzare la comunità civile sulla povertà e sulle sue cause; il servizio di stimolazione critico-profetica alle istituzioni, in prospettiva della costruzione di una società fondata sull’uguaglianza, sulla giustizia sociale e sulla solidarietà;
  • accanto alla dimensione di tutela, presente a questo livello e condivisa da molte importanti organizzazioni di volontariato, si sono registrate presenze di volontariato esplicitamente proiettato nella difesa dei diritti dei più deboli, anche se prevalentemente concentrata sui singoli casi. Ricordiamo il “volontariato di patrocinio gratuito” presente nella Campania e nel meridione e il volontariato a difesa dei diritti degli “anziani non autosufficienti e dei malati cronici”, sviluppato nel Piemonte.

Si deve rilevare, tuttavia, globalmente che:

  • nel volontariato nazionale e internazionale è prevalso decisamente l’intervento riparatorio “ex post”. E’ anche a causa di questa caratterizzazione, che nell’immaginario collettivo l’idea del volontariato è passata più come “intervento benefico”, che attenua gli effetti della povertà, della malattia e dell’emarginazione, che come forza di cambiamento e di rimozione delle cause;
  • espressioni di contestazione, presenti in vari momenti della nostra epoca, non hanno sfondato nella sensibilità comune: anzi sono state recepite prevalentemente con sospetto e diffidenza, sia nell’ambito civile che ecclesiale.

Ma forse l’aspetto che dovrebbe maggiormente scuotere il volontariato e le forze sociali attive nel paese, è il clima diffuso di apatia, di rassegnazione, di accettazione passiva di fronte al dilagare della cultura neoliberista, che considera il “mercato” sorgente di valori e la concorrenza esasperata motore di progresso.
Non si sono registrate reazioni di un qualche significato, dopo il cambio di guida governativa, – di fronte ad alcune scelte politiche, rispondenti più ad una logica di difesa di privilegi e difesa di interessi privati, che di promozione delle pari opportunità nel mondo del volontariato e della solidarietà organizzata.
Di fronte a interventi ripetuti che mettono in discussione la visione solidaristica della società, l’uguaglianza dei cittadini e il senso stesso della democrazia, oggi si registra un silenzio acritico quasi generalizzato, che finisce per irrobustire il sistema presente e renderà sempre più difficile un cambiamento.
In questo quadro socioculturale e politico si colloca la proposta di volontariato di advocacy che dovrebbe costituire una dimensione costante di tutto il servizio di volontariato, con alcuni momenti più impegnativi in situazioni di emergenza in cui i diritti delle persone più deboli siano trascurati o violati.

Questa dimensione del volontariato di advocacy, di tutela dei diritti dei più deboli, che si usa chiamare anche ruolo politico del volontariato, impegna tutti i volontari, credenti e non credenti: ma per un cristiano assume un contenuto specifico, che è l’amore, la carità.

Questo è lo specifico cristiano di ogni attività di volontariato.

 

Giovanni Nervo