Ecco cosa fa la Chiesa italiana per i migranti

Un’inchiesta di Avvenire contro le “fake news”: 25 mila persone accolte in 136 diocesi

_CG13598_60751329Dopo una serie di attacchi gratuiti e strumentali, contro Papa Francesco e la Chiesa italiana, il quotidiano Avvenire pubblica i dati dell’accoglienza promossa nelle diocesi italiane. Un’inchiesta che ricostruisce quanta strada è stata fatta da quando il Papa nel 2015, anno del boom di arrivi sulla rotta balcanica, lanciò l’appello alle comunità cristiane ad accogliere una famiglia in ogni parrocchia.
Stando all’ultimo monitoraggio della Cei, che risale alla primavera del 2017, erano state accolte circa 25 mila persone in 136 diocesi sulle 220 esistenti vale a dire circa il 60%.
Perlopiù l’accoglienza cattolica finora ha supportato il sistema dei Cas, i prefettizi Centri di accoglienza straordinaria, e per il 16% è entrata nel sistema Sprar gestito dal Viminale con i Comuni. Le strutture utilizzate sono in genere canoniche, seminari, strutture ecclesiali, ma anche episcopi.
Le accoglienze effettuate da enti promossi da parrocchie e diocesi in convenzione con le prefetture e i Comuni vengono pagate a norma di legge. È il concetto di sussidiarietà, che si trova nell’art. 118 della Costituzione. I fondi, i famosi 35 euro al giorno, servono a coprire i costi del vitto e dell’alloggio e a pagare il personale non volontario, perlopiù italiano, che gestisce i servizi di assistenza nei centri.
Inoltre, oltre 2.700 persone in parrocchia –più o meno l’equivalente di quanti stanno nello Sprar – e 500 in famiglia risultavano accolte fuori dal sistema pubblico. Ossia con tutti i crismi della legalità, ma con fondi ecclesiali. Il monitoraggio 2018 è in corso e i dati verranno divulgati in autunno.
Da aggiungere al numero delle persone accolte i circa 2.000 profughi giunti in tre anni con i corridoi umanitari ideati dalla Comunità di Sant’Egidio e aperti, in accordo col Governo. Una iniziativa ecumenica. Prima si sono sviluppati quelli dal Medio Oriente assicurati assieme alla Federazione delle Chiese evangeliche e alla Chiesa valdese con la collaborazione di diverse Diocesi cattoliche, e usati da profughi siriani vulnerabili in Libano. Poi quelli con la Cei dal Corno d’Africa per fare arrivare centinaia e centinaia di eritrei e somali dai campi etiopici.
Oltre a loro sempre assieme alla Cei, tra dicembre 2017 e febbraio 2018 sono stati evacuati in collaborazione con Governo e Acnur 300 profughi detenuti nelle galere libiche, accolti a loro volta dalle Caritas diocesane.
Per quanto riguarda i corridoi umanitari la formula scelta da Caritas italiana e Migrantes , i due organismi Cei coinvolti, è quella dell’accoglienza diffusa, vale a dire famiglie o singoli accolti in case della diocesi e di organizzazioni cattoliche e seguiti da volontari con una famiglia tutor. I costi sono a carico della Chiesa. Il progetto dura un anno durante il quale ai profughi viene garantito vitto alloggio e vestiario in cambio della frequenza scolastica per i minori e di corsi di lingua e formazione professionale per gli adulti. I profughi arrivati finora hanno presentato tutti domanda di asilo.

L’accoglienza della Diocesi Roma

A seguito dell’appello di Papa Francesco, dall’autunno del 2015 la Caritas di Roma ha promosso il Progetto di accoglienza diffusa denominato «Ero Forestiero e mi avete ospitato» con l’intento di sostenere le Parrocchie e gli Istituti religiosi di Roma che avevano raccolto l’invito del Santo Padre. Attraverso questa esperienza la Caritas di Roma ha inteso promuovere un nuovo modo di interpretare l’accoglienza, basato sul superamento dei grandi centri collettivi e sul principio che il percorso di integrazione debba partire da subito e dalla costruzione di reti sociali, oltre che di relazioni di amicizia e di solidarietà.
Il modello dal 2015 ad oggi si è andato articolando in diverse forme:
  • strutture diffuse di prima accoglienza per richiedenti asilo gestite in convenzione con la Prefettura di Roma;
  • strutture diffuse di semi-autonomia e/o seconda accoglienza per protetti internazionali;
  • ospitalità di protetti internazionali in famiglie di Roma

e si caratterizza per alcuni aspetti specifici. L’accoglienza è diffusa in quanto i richiedenti e i titolari di protezione internazionale sono accolti in alloggi che si trovano distribuiti in tutto il territorio cittadino, ma è anche diffusa in quanto questi alloggi sono di piccole dimensioni, ospitando anche solo una o due persone alla volta. Inoltre, è un’accoglienza di prossimità, perché si realizza all’interno e in collaborazione con le comunità parrocchiali o religiose che svolgono un ruolo essenziale nel costruire relazioni con la realtà territoriale circostante.
Nel periodo novembre 2015 – giugno 2018 hanno garantito complessivamente ospitalità a 243 persone tra richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, tra cui 35 nuclei familiari. A queste persone si aggiunge una trentina di altri titolari di protezione che, nello stesso periodo, hanno usufruito dell’ospitalità nelle strutture di semi-autonomia per uomini e per donne gestite dalla Caritas di Roma.

La Caritas di Roma, attraverso la Cooperativa “Roma Solidarietà”, promuove anche due centri di accoglienza per rifugiati e protetti internazionali nell’ambito del sistema Sprar del Comune di Roma: il Centro Ferrhotel per 80 uomini e la Casa “Santa Bakhita” per 50 donne e giovani mamme con bambini.

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