Lo sgombero dei migranti a Piazza Indipendenza

Un evento “annunciato” in mancanza di politiche sociali. La nota della Caritas

s2Lo sgombero dell’immobile a piazza Indipendenza, occupato dal 2013 da una numerosa comunità di rifugiati e titolari di protezione internazionale di origine etiope ed eritrea, era un intervento che gli addetti ai lavori – amministratori, operatori sociali e giornalisti – sapevano da tempo che sarebbe avvenuto. Questo per questioni inerenti la legalità, la sicurezza di quanti vi vivevano in condizioni precarie e pericolose e, non ultimo, per il decoro urbano essendo situato in un luogo vitale per la città.
Quello che lascia interdetti è il modo in cui questo è avvenuto, senza alcuna programmazione ed in una logica emergenziale che non può far altro che portare all’escalation cui abbiamo assistito stamane.

Un intervento di questo tipo, per l’alto numero delle persone interessate, per la presenza di bambini e nuclei familiari e per la storia di sofferenze e violenze che queste persone hanno subito, richiedeva da tempo interventi sociali mirati e programmati, inseriti in un più vasto programma di iniziative che riguardano gli alloggi popolari e le strutture di accoglienza di emergenza. Purtroppo queste politiche – come hanno dimostrato i fatti di “Mafia Capitale” – sono assenti da anni nella nostra città e di questo ne approfittano gruppi e organizzazioni che vivono sulle spalle dei poveri anche nei fenomeni delle occupazioni.

Sono ancora molte le situazioni di occupazioni irregolari presenti nella Capitale, che non riguardano solo rifugiati e immigrati e che vedono coinvolte anche numerose famiglie romane.
Per questo la Caritas di Roma chiede l’istituzione di un tavolo permanente presso la Prefettura, con Comune e Regione, per il monitoraggio e la gestione delle occupazioni.
Fenomeni così complessi non possono infatti essere lasciati gestire alla magistratura e alle forze dell’ordine.

I fatti di piazza Indipendenza richiamano anche le politiche nazionali di accoglienza dei rifugiati, per i quali oltre al circuito Sprar e dopo il periodo di accoglienza all’interno di esso, non vi sono altre possibilità. Occorre prevedere invece percorsi di integrazione mirati che tengano conto dei nuclei familiari, del livello di istruzione e del percorso migratorio dei singoli. Non bastano pochi mesi nelle strutture di accoglienza perché si possa parlare di accoglienza. Occorre prendere coscienza che il riconoscimento della protezione internazionale ad un cittadino straniero non è solo un atto amministrativo, ma un impegno per il nostro paese ben delineato nei quattro capisaldi che ci ha indicato papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare

La Caritas di Roma, presente in piazza Indipendenza con un equipe di operatori, si è attivata a sostegno dei nuclei più fragili con l’augurio che, nell’ambito della mediazione proposta, tutti operino per il bene dei migranti, non solo di quelli presenti in Piazza ma anche delle migliaia che vivono situazioni simili; affinché la rivendicazione di diritti e interessi legittimi non si trasformino in conflitti duraturi.