Il seminario per giornalisti promosso in occasione della Giornata di lotta contro la miseria
“Aiutateci a progettare un futuro che non sia una rassegnata ripetizione del presente, aiutateci a sperare e a dire che è ancora possibile una vita dignitosa per tutti”. Così il direttore della Caritas di Roma, monsignor Enrico Feroci, ha salutato i 260 giornalisti intervenuti al seminario di formazione “Senza dimora, senza diritti? Tra schemi e stereotipi: quale spazio per una cultura diversa?” promosso il 17 ottobre dalla Caritas di Roma, Caritas Italiana e dall’Ordine dei Giornalisti del Lazio presso l’Ostello “Don Luigi Di Liegro” alla Stazione Termini. Il sacerdote ha poi sottolineato come “con il vostro lavoro – dedicando tempo, energie e capacità – potete sostenerci e indirizzarci. Potete sensibilizzare i lettori non solo con le denunce ma anche facendo conoscere modelli positivi, promuovendo una cultura della corresponsabilità e della condivisione. Mostrando dove le cose funzionano meglio e perché”.
In Italia sono circa 50- 51.000 le persone senza dimora. Il 56% vivono al nord, l’85% sono uomini, il 58% stranieri. Solo a Roma e Milano sono 20.000, a seguire le presenze maggiori sono a Palermo, Firenze, Napoli, Bologna. “In termini di gravità la situazione è peggiorata ed è cambiato il volto degli homeless”: sono i dati forniti da Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat, durante il seminario. Sabbadini ha precisato che le stime sugli homeless non rientrano in quelle sui poveri assoluti (4,6 milioni), perché sono state fatte con interviste su un campione di 4.864 persone senza dimora in 158 Comuni. “Metà degli homeless – ha detto – finisce in strada per tre ragioni: la separazione dal coniuge o dai figli (63%); perdita del lavoro(56%), cattive condizioni di salute (25%)”. “E’ aumentata l’età media degli stranieri senza dimora, da 36,9 a 39,8 anni – ha spiegato – mentre quella degli italiani rimane stabile, intorno ai 50 anni. Ed aumenta la durata della permanenza in strada: prima per gli stranieri era in media 1,6 anni, ora 2,2 anni. Per gli italiani è sempre alta: 3,5 anni, questo vuol dire che si riducono le differenze tra stranieri e italiani”. In questo panorama spicca la particolare vulnerabilità delle donne (7000 persone), di 13.000 giovani di cui 1/5 senza lavoro, di 3.000 anziani italiani cronicizzati e 16.000 persone con problemi fisici, di disabilità e dipendenze”.
“Le persone senza dimora non hanno diritti garantiti perché non ci sono politiche pubbliche”: è stata la denuncia arriva di Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana. “Il fenomeno delle persone senza dimora è drammaticamente urbano – ha spiegato -. Siamo passati da una situazione di povertà temporanea ad una povertà conclamata multidimensionale. Ma per loro non ci sono risorse nazionali, se non quelle erogate dal Fead, il fondo europeo per gli aiuti alimentari. Serve invece un piano nazionale pluriennale di contrasto alla povertà”. “Su 50-51.000 senza dimora – ha affermato Marsico – sarebbe possibile, anche se non semplice, fare politiche pubbliche mirate a livello locale e nazionale. Se le Regioni si facessero carico di strategie specifiche sarebbe già qualcosa”.
Alberto Farneti, della Caritas di Roma, ha poi raccontato che nelle strutture e nei servizi diocesani frequentate dai senza dimora, tra cui la mensa e ostello “Luigi Di Liegro”, ci sono molti “working poor” e “le persone che provengono dai continui sgomberi degli insediamenti abusivi”. “Ma non possiamo essere il ‘rifugium peccatorum’ di tutto”, ha affermato. Ad esempio, “bisognerebbe responsabilizzare maggiormente chi lavora nelle strutture sanitarie e pubbliche al problema degli homeless”. “In questi anni – ha concluso Farneti – molte istanze sono state accolte dai decisori politici ma resta ancora molto da fare perché non ci sono politiche mirate alla povertà estrema”.
Sono aumentati dell’8% i giovani italiani e stranieri che si sono rivolti ai Centri d’ascolto della Caritas e per la prima volta sono comparsi anche i Neet (l’acronimo che indica i giovani che non lavorano né studiano): è il dato fornito da Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi di Caritas italiana, che ha presentato il Rapporto 2016 “Vasi Comunicanti” su povertà ed esclusione sociale. “Il fenomeno della povertà sta cambiando aspetto – ha spiegato Nanni -: aumentano gli stranieri, diminuiscono le presenze italiane, gli anziani e i ‘working poor’, e si sta tornando, per quanto riguarda gli italiani, ad una situazione simile a quella precedente alla crisi economica”. L’aumento dei giovani dell’8% , ha precisato, “è dovuto sì all’aumento degli stranieri ma anche dei giovani appartenenti a famiglie monogenitoriali. L’Italia è il primo Paese in Europa per incidenza dei Neet e ora cominciano ad essere presenti anche nei centri d’ascolto Caritas”. Nanni ha ricordato “i bisogni molto gravi” dei 7.700 profughi (su 153.000 arrivati in Italia nel 2015) che si sono rivolti ai Centri d’ascolto Caritas per chiedere aiuto, abiti, cibo, alloggio. Il Rapporto conclude con una nota ottimistica per l’introduzione in Italia del Sia, il Sostegno all’inclusione attiva, ma “si spera, in futuro, nel reddito minimo universale per tutte le persone in povertà assoluta”, ha auspicato Nanni.