Una riflessione a cura dell’Area Pace e Mondialità della Caritas di Roma sul Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di Papa Francesco che ha per tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”.
La Misericordia è medicina e cura al male dell’indifferenza, male che, se caratterizza una tipologia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia, oggi ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensione globale e produrre il fenomeno della “globalizzazione dell’indifferenza”.
All’indifferenza, ed all’impegno cui siamo chiamati a livello individuale e comunitario per vincerla attraverso la solidarietà e la misericordia, è dedicato il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di Papa Francesco che si celebra il 1° gennaio per aprirsi all’anno nuovo nel segno della Pace.
Francesco ci ricorda i tanti volti che assume l’indifferenza nei confronti del prossimo, dal livello intimo a quello globale: questa “globalizzazione dell’indifferenza” è una minaccia alla pace poiché provoca chiusura e disimpegno, e così finisce per contribuire all’assenza di pace con Dio, con il prossimo e con il Creato. L’indifferenza dunque, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune
Ciononostante ci sono molteplici ragioni per credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in solidarietà, nel riconoscimento della propria interconnessione e interdipendenza, avendo a cuore i membri più fragili e la salvaguardia del bene comune. Tra questi, il Papa ricorda la pronta risposta delle nostre comunità parrocchiali al suo appello all’accoglienza dei rifugiati, insieme all’impegno quotidiano di tante famiglie per educare i figli “controcorrente”; ed ancora le tante organizzazioni non governative impegnate nel sollievo da epidemie, calamità o conflitti armati e l’importante ruolo di quanti vivono il mestiere dell’informazione in uno spirito di attenzione e solidarietà
L’impegno dunque a cui ognuno di noi è chiamato in questo Anno Santo è quello di uniformare la nostra vita a quella del buon samaritano, che fu accogliente, custode e sodale del povero malconcio, reietto agli occhi degli altri uomini. In particolare gli Stati sono chiamati ad alcuni gesti concreti per esprimere questo impegno: migliorare le condizioni dei detenuti, abolire la pena di morte nei paesi in cui ancora è in vigore, ripensare le legislazioni sulle migrazioni affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, esprimere attenzione con gesti concreti verso quanti sono privi di lavoro, terra e tetto.
Ed infine il Papa esprime un triplice appello ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita.
Dobbiamo quindi andare “oltre” la chiusura egoistica del nostro cuore e vivere questo tempo di “misericordia, responsabilità e impegno”. Dovremmo in questo fare nostri i verbi che si riferiscono all’atteggiamento che Dio ha verso di noi: osservare, udire, conoscere, scendere, liberare. E’ nell’osservare l’altro e il mondo che ci circonda, nell’udire il grido che sale a noi dai nostri fratelli sfruttati, perseguitati, malati, oppressi, defraudati, abbandonati, è nel conoscere le loro miserie e quelle in cui abbiamo ridotto la natura, è nello scendere al livello del nostro fratello, è nel liberare il nostro prossimo dall’oppressione e dalla miseria in cui è caduto che si manifesta il nostro essere “prossimo per il nostro prossimo”