Contrastare la povertà educativa: è questa la sfida e l’impegno che istituzioni e individui affrontano per dare ad ogni bambino e ad ogni adolescente le opportunità necessarie per poter esprimere le sue risorse. Si tratta di un fattore multidimensionale che include diversi indicatori: area geografica di provenienza, status socio-economico, accesso alla scuola e alla cultura, ecc,. Come si traduce questo per i minori stranieri che arrivano soli in Italia, senza un genitore o un adulto di riferimento, in cerca, comunque, di un sogno da realizzare o, più semplicemente, di una vita migliore? Entrati nel nostro Paese sono titolari dei diritti sanciti dalla Convenzione ONU del 1989, resa esecutiva in Italia con la legge n.176/91.Più recentemente, la legge n.47/2017 “Disposizioni in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati”», rafforza le tutele nei loro confronti garantendo un’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale. La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a cui si ispira e trova fondamento, enuncia in forma chiara e coerente, i diritti fondamentali che devono essere garantiti per crescere bene, individuando i presupposti, le condizioni utili, a sostenere il benessere evolutivo. Ogni bambino è riconosciuto un dono prezioso per la famiglia umana, parte integrante di una narrazione personale, familiare e universale sulla quale si fonda il futuro dell’umanità.I minori migranti
La migrazione è una sfida aggiuntiva nel percorso di crescita, può diventare un fattore di rischio se non è accompagnata da politiche e interventi precisi. L’emigrazione di ragazzi minorenni trova un pull factor nella possibilità di entrare in Italia abbastanza facilmente, per la posizione geografica del nostro Paese, e nella garanzia di non essere espulsi e di potersi regolarizzare, ottenendo un permesso di soggiorno, grazie alle tutele che vengono offerte loro. I trafficanti convincono le famiglie ad investire sui figli, che affrontano lunghi viaggi da soli, per poi poter inviare le rimesse dai lavori che essi svolgono, spesso, in nero. Molti anche i ragazzi che scappano da Paesi in guerra, da regimi totalitari, dalla carestia e dalla fame, dalle diverse forme di ingiustizia e violenza, di cui sono vittime.
Come tutti i processi, anche quello migratorio, diventa dunque espressione di disequilibri demografici e geopolitici, di processi di trasformazione sociale e di disuguaglianze economiche tra i vari Paesi del mondo, fattori che alimentano la povertà educativa. Ai diritti negati a questi bambini, molte volte fin dalla nascita (condizioni sfavorevoli durante la gravidanza, cure, scolarizzazione) che possono compromettere lo sviluppo fisico, mentale e relazionale, si aggiungono quelli relativi alla precarietà della loro condizione di minori soli, senza alcun supporto adulto, facile preda del mondo dell’illegalità e della criminalità e a rischio, durante il viaggio, di perdere la vita e di subire abusi.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile, approvati dalle Nazioni Unite, da raggiungere entro il 2030, indicano la necessità di ‘sradicare la povertà estrema, ovunque e in tutte le sue forme’ e di ‘ridurre l’ineguaglianza all’interno delle Nazioni’ nonché di ‘fornire un’educazione di qualità, equa e inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti”. Sono questi elementi essenziali che sostengono la buona crescita e lo sviluppo di un individuo, troppo spesso disattesi in molte aree del nostro pianeta. I ragazzi che arrivano in Italia narrano storie di ingiustizie subite e di disuguaglianze perpetuate, di non accesso alle risorse che possono permettere ad ognuno di esprimersi e realizzarsi.
L’impegno della Caritas di Roma
Nei centri di accoglienza per minori, promossi dalla Caritas di Roma, quotidianamente i racconti che ascoltiamo ci parlano delle vulnerabilità dei ragazzi, ma soprattutto dei loro contesti di sviluppo familiari e sociali. Dal 1988 ad oggi i ragazzi e le ragazze accolti sono stati più di 7.850. Siamo stati osservatori degli effetti sociali che determinati accadimenti di natura politica ed economica producono. Negli anni ’90 buona parte dei minori dei Centri di Accoglienza a Roma erano italiani provenienti da Napoli; nel 1998 sono arrivati i minori albanesi in seguito alla crisi socio-economica del loro Paese; a cavallo del nuovo millennio è cresciuto il numero di ragazzi rumeni, per calare con l’entrata in Europa della Romania. In seguito ai conflitti asiatici, l’Italia è diventata meta dei minori afgani; i bengalesi sono comparsi dal 2008, fino a raggiungere numeri elevatissimi nel 2012. Nel 2014, dopo la primavera araba, è cresciuto in maniera esponenziale il numero dei minori egiziani; nel 2016 quello degli eritrei.
Le condizioni di salute fisica dei ragazzi che arrivano sono buone, anche se ci sono ragazzi che vengono in Italia per curarsi, affetti da patologie mediche rilevanti. E’ presente, invece, quasi sempre una sofferenza psichica. Molti gli eventi traumatici rilevati, che hanno lasciato ferite profonde nell’anima e, in alcuni casi, anche nel corpo: la separazione dei genitori, la malattia e la morte di uno di essi, la prigionia in Libia durante il viaggio, la lunga deprivazione di acqua e cibo, le torture, l’abuso, la vessazione per il colore della pelle, il terrore di morire e la perdita di amici durante il viaggio. Sono storie di grande povertà educativa e di diritti violati. Per i minori migranti è quasi sempre disatteso il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, l’impegno da parte della comunità di garantire che ogni risorsa sia messa a disposizione per tutelare la vita e lo sviluppo armonico, l’autorealizzazione. Come pure il diritto alla famiglia, il bisogno e l’importanza per ogni individuo di avere uno spazio di protezione e di sostegno. Per questi ragazzi la famiglia, è oltre che fisicamente assente, percepita come lontana; i evidenzia un senso di abbandono e di solitudine che pervade la sfera emotiva e non permette, spesso, di impegnarsi nel futuro, sviluppando un progetto concreto e realizzabile. Molti esplicitano le loro paure e le loro difficoltà a vivere in un Paese straniero. Nonostante lo desiderino, sono pochissimi quelli che accettano di rientrare con un progetto di rimpatrio assistito che consiste nel sostegno economico per un percorso formativo oppure in un piccolo investimento per avviare un’attività lavorativa.
La paura del fallimento del progetto migratorio e del mandato familiare, che induce a inviare rimesse a casa per pagare il debito contratto, a qualsiasi prezzo, li fa desistere dal tornare indietro. Il diritto allo studio dovrebbe poter essere garantito a tutti i bambini del mondo, non solo per una buona crescita, ma anche perché la bassa istruzione nuoce alla democrazia e, per estensione, alla pace e alla sicurezza internazionale. I ragazzi accolti hanno una bassa scolarità in generale, in cui si evidenzia come sia ancora negato il diritto all’istruzione e a reali percorsi di formazione nei loro Paesi. Il loro diritto ad un’istruzione compiuta, a volte, non viene rispettato, neanche nei paesi d’accoglienza. Non sempre si riesce ad inserirli nei contesti scolastici e in percorsi educativi professionalizzanti. Inoltre, lavorando per aiutare le loro famiglie e dovendo affrontare la crescita identitaria, integrando modelli culturali, spesso, molto diversi tra loro, gli adolescenti migranti rischiano di non avere gli strumenti necessari per una migliore qualità della vita e per poter sviluppare una cittadinanza attiva nel contesto sociale. L’elenco potrebbe continuare, va da sé, per quanto è stato detto, che a molti ragazzi viene negato il diritto al gioco e al tempo libero, a non essere sfruttati e a sentirsi sicuri.
La comunità educante
E’ necessario avere chiara una strada da percorre insieme, che porti a sentirci cittadini del mondo, uguali e diversi, responsabili gli uni degli altri. Questo cammino va accompagnato da azioni politiche, economiche ed educative precise e continue: investire risorse per favorire la crescita. Significa creare le condizioni per cui l’arrivo di nuove e giovani energie sociali rappresenti uno stimolo e un’occasione per i minori migranti stessi e per la società che li accoglie di evolvere in meglio. La recente legge costituisce un passo importante a tutela dei ragazzi che arrivano da soli in Italia. Viene ridefinito un sistema unico di accoglienza. Vengono promossi e regolamentati gli istituti della tutela e dell’affido familiare, l’armonizzazione delle procedure relative all’accertamento dell’età e si riconosce il divieto di respingimento, salvo un interesse superiore del minore. A tutti noi il compito di sostenerla e vigilare affinché ogni buona prassi diventi azione concreta, consapevoli che l’accompagnamento è uno de i principali fattori protettivi della crescita e che è di fondamentale importanza sperimentare un senso di sicurezza e protezione, per avere una vita armonica nel contesto relazionale e sociale.
Le motivazioni della migrazione possono essere diverse, ma qualunque esse siano non possiamo esimerci dalla migliore accoglienza possibile, dal rispetto della dignità di ciascuno e dalla protezione dei diritti inalienabili sanciti dalla Convenzione ONU. Accogliere questi ragazzi è accogliere le narrazioni di ingiustizie subite, di disuguaglianze mondiali e di diritti violati. Sono ragazzi e ragazze che hanno diritto a crescere nella propria famiglia e nel proprio contesto culturale; quando ciò non fosse possibile, ad essere accolti, costruendo reti di prossimità e solidarietà, volte a garantire ad ognuno l’opportunità di essere protagonisti dei loro percorsi di vita. Solidarietà e giustizia per i minori sono elementi irrinunciabili che richiamano la coscienza dell’intera comunità civile ed ecclesiale, della comunità educante, chiamata al ruolo di custode della terra.