Sono J.J. e vengo dalla Cina; sono in Italia dal 2016 e ho 33 anni. L’anno scorso ero ospite della struttura di “semi-autonomia” per donne della Caritas di Roma e mi stavo impegnando nel mio percorso verso l’autonomia, stavo per iniziare un tirocinio in una tavola calda ed ero molto contenta. Quando è arrivato il coronavirus tutto è cambiato.
Ho iniziato ad avere paura: in Italia sono sola, senza la mia famiglia e mi spaventava molto all’idea di ammalarmi e non avere nessuno che potesse prendersi cura di me; non volevo uscire più di casa perché avevo paura di prendere il virus. Qui in Italia, all’inizio, quasi nessuno portava la mascherina, ma io ho iniziato a metterla e tutti, in metro, sull’autobus, al supermercato, mi guardavano e si allontanavano.
Sono cinese, portavo la mascherina, sicuramente pensavano che avessi il virus. È stato un periodo molto triste e stressante per me, mi sentivo sola e incompresa.
Una mia amica cinese, con la quale parlavo delle mie preoccupazioni, ha capito come mi sentivo e mi ha offerto di andare a casa sua. Ero indecisa, non stavo lavorando e avevo pochi risparmi con me, avrei dovuto pagare un affitto e mantenermi; era rischioso. Anche gli operatori della Caritas hanno provato a convincermi a rimanere in semi-autonomia ma ero troppo spaventata e ho deciso di andare a casa della mia amica.
Sono stati mesi difficili, stavo sempre a casa, le preoccupazioni aumentavano man mano che diminuivano i miei risparmi ma la Caritas non mi ha mai abbandonato, mi hanno dato dei consigli e mi hanno aiutato a chiedere i buoni pasto del comune ed il reddito di emergenza. Sono stati un grande aiuto per me.
A settembre avevo finito i miei risparmi, anche la mia amica era in difficoltà perché nemmeno lei lavorava e abbiamo dovuto lasciare la casa. Ho chiamato la Caritas. E loro fortunatamente mi hanno detto che potevano aiutarmi. Mi hanno offerto di andare a vivere in una parrocchia e di partecipare ad un progetto di accoglienza; non dovevo pagare l’affitto e mi avrebbero aiutato a trovare un lavoro e in futuro una casa mia.
Non ho detto subito di si, perché anche se avevo bisogno di aiuto avevo un po’ paura di andare a vivere insieme ad altre persone che non conoscevo: sono molto timida e ancora un po’ spaventata per il virus. Gli operatori mi hanno rassicurato, mi hanno detto: è il posto giusto per te! E’ cosi è stato. L’ho capito subito, il primo giorno, che questa casa era adatta a me. Ho pensato: qui posso stare bene!
Vivo qui, in un appartamento messo a disposizione dalla Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, da circa 3 mesi e non mi sento più sola, ora so che c’è qualcuno che si prende cura di me. Tutte le parrocchie del quartiere collaborano per aiutarmi e sono tantissime le cose belle che ho fatto in questi mesi: partecipo a lezioni di italiano con i volontari, ci sentiamo al telefono o andiamo a fare delle belle passeggiate; sto imparando a cucinare tante cose buone insieme alla signora Maria, anche il pane e la pizza! Sto anche facendo volontariato in una parrocchia vicina per preparare i panini per le persone in difficoltà e mi piace tantissimo.
Questa è una grande opportunità per me: la Caritas mi sta aiutando per fare un corso e poi un tirocinio come pasticcera. E’ il mio grande sogno fare la pasticcera. Non vedo l’ora.
Questa per me è una nuova famiglia.