L’augurio sincero è che la Giornata mondiale della salute mentale del 10 ottobre dia nuovo slancio all’impegno per prevenire la malattia mentale e assicurare le necessarie cure a chi ne ha bisogno.
I numeri sono implacabili ma da soli non rendono la sofferenza e l’emarginazione vissute da individui e da famiglie che si trovano nel vortice provocato da disturbi psicologici, da patologie psichiatriche e il più delle volte da tanta solitudine.
La pandemia da covid -19 ci lascia in eredità un deciso aggravamento del problema, soprattutto tra gli adolescenti: dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma apprendiamo che uno su sette, nella fascia compresa tra gli 11 e i 19 anni, soffre di un disturbo mentale che può sfociare, nei casi più gravi, nel suicidio. L’ansia, la depressione e l’autolesionismo sono in aumento tra gli adolescenti. L’Istat ci dice che nel Lazio ci sono 1,5 milioni di persone che soffrono di disturbi mentali, stiamo parlando del 27,1% dei residenti nella regionale.
Eppure permane nel Paese una profonda sottovalutazione del fenomeno a livello politico istituzionale, culturale e sociale. Si preferisce non parlarne e gestire tutto nel privato delle proprie case, su un piano più individuale e riservato anziché comunitario e pubblico come è indispensabile che avvenga per poterlo affrontare con qualche possibilità di successo.
Non si possono lasciare sole le persone, le famiglie che vi sono coinvolte. Occorre rimuovere la stigmatizzazione che ancora pervade le coscienze di troppi rispetto ad una malattia che terrorizza i più e che sfocia in varie forme di esclusione sociale e di discriminazione. Va conquistata la normalità di poterne parlare e apprezzata l’umanità che spinge a chiedere aiuto, a non tenersi dentro e da soli l’impotenza che si prova di fronte ad un familiare, ad una persona amica che vive questa delicata e a volte complessa malattia. C’è una evidente questione di rispetto di diritti umani e di tutela della dignità delle persone.
Occorre che la stessa comunità ecclesiale dia qualche segno di maggiore attenzione alle problematiche della salute mentale, tanto più che ad essere investiti oggi molto più che ieri sono le giovani generazioni, il futuro delle nostre comunità e delle nostre società. Su questo piano sarebbe molto importante oltre che utile, promuovere occasioni di informazione e di sensibilizzazione delle nostre comunità, oltre che momenti e modalità specifiche di preghiera; una frontiera per gli animatori della carità, a partire da quelli delle nostre Caritas, sarebbe promuovere forme di vicinanza, di prossimità, a coloro che nei nostri quartieri e nei nostri condomini si chiudono nelle loro abitazioni e sperimentano le forme più dure di solitudine. Che bello sarebbe se un movimento di giovani, di adulti e di anziani iniziasse a prendersi cura dei rispettivi coetani in difficoltà, promuovendo quella cura basata sul calore della vicinanza umana che in tanti casi sarebbe così decisiva per reagire al disagio mentale e ripartire avvalendosi delle giuste cure. È in questa prospettiva che come Caritas diocesana di Roma abbiamo avviato quest’anno dei percorsi di formazione e costituito un apposito gruppo di lavoro per monitorare la situazione, elaborare analisi e formulare proposte a sostegno anzitutto delle famiglie.
Occorre che la politica e le amministrazioni pubbliche si assumano le loro responsabilità, difronte all’ingiustizia che si sperimenta allorquando in molti ormai non hanno possibilità di accesso, per ragioni soprattutto economiche, alle indispensabili cure. C’è un ritardo decennale e una latitanza sconcertante, per essere giunti nella nostra regione alla gravissima carenza di personale – manca il 65% di quello previsto sulla carta (la pianta organica) – di strutture (dove sono i famosi servizi territoriali?) e di comunicazione tra i dipartimenti di salute mentale ospedalieri e quei pochi servizi territoriali realmente operativi.
Ora la Regione Lazio ha annunciato importanti assunzioni del personale. L’augurio e la speranza è che si possa toccare con mano un cambiamento significativo e che si rafforzi l’ascolto delle famiglie che patiscono il problema più di tutti e degli stessi operatori del settore. La certezza infatti è che senza un impegno corale e una forte collaborazione tra istituzioni pubbliche, tra le forze politiche, tra rappresentanti e rappresentati, tra pubblico e privato, rivolgendo una particolare attenzione a chi è ai margini delle nostre città, non riusciremo a compiere quei necessari e urgenti passi in avanti per i quali la Giornata della salute mentale non può diventare la parentesi della celebrazione di un giorno tra i 365 che fanno l’anno.
Giustino Trincia
Direttore Caritas di Roma
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