Il freddo che non si vede, ma che ci fa male

anziniIn questi giorni a Roma è scattata l’allerta freddo, evidenziando le difficoltà che esso procura tra chi vive nella fragilità e abita le nostre strade, i nostri ponti, i colonnati di chiese, i sottopassi delle metropolitane. Di questo freddo si muore ed è uno scandalo che una metropoli come Roma abbia ancora dei tentennamenti nel costruirsi come città attenta e sicura 365 giorni l’anno, in particolare quando le condizioni richiederebbero risposte puntuali e non improvvisate.

Di questo scandalo si sa tutto, lo si sa addirittura anche prima che accada ed è giusto averne una visione e una consapevolezza in termini di organizzazione e di azioni nei tempi  e nei modi opportuni.

Ma c’è un freddo, lo stesso freddo che attanaglia chi vive in dimore alternative e pericolose, che colpisce altre persone fragili, che però non si vede e di cui si parla poco. E’ quel freddo che entra piano piano nelle case, situate dentro condomini non necessariamente abbandonati o profondamente periferici; non parliamo di baracche e di dimore di fortuna ma di complessi residenziali di una Roma che per fortuna resiste alle sue note intemperie, ma che vede colpiti singoli individui o nuclei, che a causa della crisi hanno dovuto scegliere se pagare l’affitto o riscaldarsi; se mangiare cibi secchi ma non pagare le bollette di luce e gas.

Sono quelle situazioni contraddistinte da mura senza infissi adeguati, che colano umidità e che fanno ammalare. Se poi, a causa della contrazione della capacità reddituale – di norma erosa dal costo della vita, da un affitto insostenibile con le pensioni minime, i lavori precari, le pensioni d’invalidità insufficienti a tenere in vita la dignità -, si deve constatare il peggioramento della condizione igienico-sanitaria della casa, che diventa una dimora essa stessa alternativa e pericolosa. E questa è un’altra grave sconfitta del nostro welfare.

Ci sono case invivibili per l’umidità e il freddo, che fanno insorgere e aggravano condizioni di povertà e fragilità fisica; che determinano lo scivolare in stato di abbandono e la morte. Ci sono case che non rappresentano più il “porto sicuro” dove lasciare fuori i problemi della vita sociale; sono case vuote, spesso trascurate, con assenza di relazioni e di calore non solo umano ma anche termico.

Nei servizi domiciliari a favore di anziani, adulti e famiglie, entrando giornalmente  in circa 220 appartamenti, dislocati in molti municipi di Roma, incontriamo persone sole che vivono la povertà domestica e si trovano costrette a dover tagliare spese ormai ritenute insolvibili.

Le morosità accumulate riguardano i servizi di luce e gas e causano l’interruzione di queste forniture essenziali. Aumentano le segnalazioni di persone che vivono in casa con le bombole del gas per la cucina e per il riscaldamento. Sono soluzioni low cost e di fortuna anch’esse pericolose, se tra l’altro utilizzate da persone con patologie psichiatriche, anziane  e sole, o nuclei  con minori anche appena nati. Vediamo sempre più persone che subiscono ricoveri per le drammatiche condizioni sanitarie causate dal freddo e dalla mancanza di acqua calda e di temperature adeguate; che hanno mura che sudano umidità e producono infiltrazioni e muffe pericolosissime da respirare. Non ci sono i soldi per avere questi servizi essenziali e non ce ne sono per riparare i danni di questo peggioramento. Ci si rivolge ai centri di ascolto parrocchiali o ai centri diocesani per riuscire a sostenere tali spese. Tutto questo per quanto nascosto produce effetti sociali rilevanti oggi e di più in prospettiva anche dal punto di vista della spesa pubblica socio-sanitaria. Aumentano, come testimoniano i servizi televisivi e della carta stampata di questo ultimo mese, gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri ospedalieri. La povertà, unitamente alla solitudine non risparmia neanche chi ha una dimora.

Ma questo è un freddo coperto dalla porta di casa e che per vergogna di chi lo vive non arriva alle prime pagine dell’informazione e dei media; ma è un freddo reale, visto con i nostri occhi e che ci da scandalo.

Condividi